Le accuse di Damasco

L'incredibile blitz dei turchi per difendere la tomba del sultano

L'incredibile blitz dei turchi per difendere la tomba del sultano
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Con un blitz notturno delle forze turche in Siria, sono stati evacuati i 38 militari che stazionavano di guardia al mausoleo di Suleyman Shah, nonno del nono fondatore dell’impero ottomano, Osman Gazi. Le spoglie di Shah sono state portate via insieme ad alcune reliquie e oggi sono in Turchia dove verranno custodite per alcuni giorni prima di essere ricollocate in Siria, nei pressi di un villaggio nella zona di Esisme, a 180 chilometri dal confine turco, che i militari hanno messo in sicurezza in attesa di riportarvi le spoglie del santo.

I motivi del blitz secondo i turchi. L’operazione è stata confermata dal premier turco Ahmet Davutoglu, giustificata dal desiderio di mettere le spoglie di Shah al riparo da incursioni e attacchi dei miliziani dell’Isis, che nella zona ormai hanno preso gran parte del controllo. Il mausoleo si trova in provincia di Aleppo, a 30 chilometri a sud di Kobane, sulle rive del fiume Eufrate, in quella che è stata definita un’enclave turca in Siria, in base a un trattato del 1921 tra il neonato Stato turco e la Francia, potenza mandataria di Damasco. Lo stesso mausoleo fu eretto in seguito alla firma del trattato del 1921, e da allora la Turchia fece voto di proteggere quel mausoleo per sempre. Ankara temeva che la tomba potesse essere utilizzata come base dagli jihadisti.

 

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I dettagli dell’operazione. Il tutto si è consumato nella notte tra sabato e domenica, quando 600 soldati turchi hanno compiuto due incursioni in territorio siriano, raggiungendo la loro enclave e portando via manufatti e opere antiche prima di far saltare in aria il mausoleo. Un’operazione di precisione, chiamata in gergo militare “Shah Firat”, in cui è rimasto morto accidentalmente un militare turco, condotta congiuntamente dall‘intelligence e dall’esercito di Ankara, con l’appoggio di aerei da ricognizione, elicotteri, droni, 39 carri armati e 57 mezzi blindati. Tempo totale tra andata e ritorno: 6 ore. Che prima o poi arrivasse un blitz turco ce lo si poteva aspettare dalle dichiarazioni dello scorso marzo di quello che oggi è il premier turco, all’epoca ministro degli Esteri: Davutoglu aveva infatti assicurato che la Turchia avrebbe difeso da «qualsiasi forma di attacco» la tomba del nonno del sultano Osman I, venerato dai turchi. Ankara, aveva promesso l’allora ministro, «prenderà tutte le misure necessarie per difendere il suo territorio». A rafforzare la presa diposizione di Davutoglu anche l’allora premier Recep Tayyp Erdogan, il quale spiegò che ogni attacco contro il mausoleo sarebbe stato considerato come «un attacco alla Turchia stessa».

Pare che il mausoleo da otto mesi fosse assediato dai miliziani al soldo di alBaghdadi e i soldati di stanza non potessero muoversi e venissero loro impediti i rifornimenti. Una nota dell’ambasciata turca in Italia spiega che «La tomba e le costruzione annesse hanno subito vari processi di demolizione, rilocazione e ricostruzione dalla costruzione originaria» sulle colline del castello Qal'at Ja'bar. «La tomba è stata spostata nel sito attuale nel 1975, come conseguenza della costruzione di una diga». La nota sottolinea inoltre come «il conflitto in corso e il caos che regna in Siria ponessero seri rischi alla sicurezza e della tomba, che si trova nel villaggio di Munbic, a 37 chilometri dai confini della Turchia, e alla sicurezza del personale delle Forze armate che valorosamente lo hanno sorvegliato».

 

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Le accuse di Damasco. Tuttavia pare che il governo siriano non abbia autorizzato il raid. E da qui è scoppiata una feroce polemica tra Ankara e Damasco, che ha accusato i turchi di «aggressione». Il governo siriano ha dichiarato, inoltre, che il fatto che la tomba non fosse ancora stata attaccata dai militanti dello Stato Islamico «conferma la profondità dei legami tra il governo turco e l’organizzazione terroristica». I turchi, dal canto loro, ribattono: «Avevamo avvertito l’ambasciatore di Damasco a Istanbul», anche se poi ammettono di «non aver atteso il permesso di agire». In ogni caso tutto, secondo Ankara, si sarebbe svolto nel pieno rispetto delle norme del diritto internazionale e non ci sarebbe stato alcuno scontro con gli jihadisti. Anche l’opposizione interna turca è insorta, accusando il governo di essersi inchinato ai terroristi cedendo loro un pezzo prezioso di terra senza nemmeno combattere. Una cosa mai successa da quando esiste la Repubblica turca.

Nuova strategia turca? Il blitz alla tomba di Suleiman Shah costituisce il primo intervento militare a terra turco dall’inizio della guerra in Siria ed è stato «un successo pieno» secondo il presidente Erdogan, che si è complimentato con i soldati che hanno portato a termine l’impresa. Non solo: l’incursione in terra siriana da parte turca potrebbe rientrare in un cambio di rotta nell’atteggiamento di Ankara ei confronti dello Stato Islamico, dopo che per mesi ha avuto una posizione ambigua. Mesi durante i quali c’è stata un’attenta pianificazione, che ha portato gli Stati Uniti e la Turchia a firmare un accordo per addestrare ed equipaggiare i combattenti dell’opposizione siriana. Non sono in pochi a pensare che dietro le operazioni di addestramento di 1200 ribelli siriani contro i guerriglieri dello Statoislamico si nasconda anche il tentativo di gettare le basi per il rovesciamento del regime di Bashar alAssad, acerrimo nemico di Erdogan. Lo dimostrano le parole del nuovo segretario della Difesa americano, Ashton Carter, che pochi giorni fa ha dichiarato: «Le forze che addestreremo hanno come primo compito quello di sconfiggere l’Isis. Ma penso che con loro potremo creare le condizioni per rimuovere anche Assad».

 

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