Il figlio 14enne ha parlato a porte chiuse

Le lettere «scabrose» di Bossetti e la difesa chiede la perizia sul Dna

Le lettere «scabrose» di Bossetti e la difesa chiede la perizia sul Dna
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Venerdì 15 aprile, a due settimane di distanza dall'ultima udienza, al Tribunale di Bergamo è ripreso il processo nei confronti di Massimo Bossetti, l'uomo accusato dell'omicidio di Yara Gambirasio. Davanti alla Corte d'Assise sono comparsi diversi testimoni della difesa tra gli ultimi 10 ammessi a processo dal presidente Antonella Bertoja dopo che, due settimane fa, aveva sfoltito di molto la lista ritenendo la maggior parte dei soggetti chiamati a deporre dai legali del carpentiere di Mapello non utili al fine della ricostruzione dei fatti su cui si basa il processo. Tra i nomi rimasti in lista, il più atteso era certamente Nicholas Bossetti, il figlio 14enne dell'imputato, che è stato ascoltato nel pomeriggio a porte chiuse, ovvero senza pubblico e giornalisti presenti in aula. Ma soprattutto è stata l'udienza in cui sia l'accusa che la difesa hanno potuto avanzare delle richieste alla Corte.

 

ruggeri bossetti tribunale bergamo foto bedolis

 

La testimonianza del figlio e le richieste di accusa e difesa. Essendo avvenuto senza la presenza di pubblico e giornalisti, non si sa cosa Nicholas Bossetti abbia detto nella sua deposizione. Come avevano spiegato Claudio Salvagni e Paolo Camporini, avvocati difensori dell'imputato, l'intenzione era «dimostrare che il nostro assistito è una persona assolutamente normale, un padre affettuoso e quindi non un killer come è stato dipinto». Si sa, invece, che i legali del carpentiere di Mapello hanno chiesto, in chiusura di udienza, tre perizie: quella del Dna, che rappresenta per l’accusa la prova schiacciante che inchioda Bossetti per l’omicidio di Yara, quella sulle telecamere che ripresero il furgone e quella sulle sferette e sulle fibre rinvenute sul furgone dell'imputato. L'accusa, invece, ha chiesto di produrre la corrispondenza, dal contenuto più che sentimentale e definito addirittura «scabroso», intercorsa tra Bossetti e una detenuta del carcere di via Gleno, nella quale trasparirebbero diversi lati oscuri dell'imputato. Come riporta il Corriere della Sera Bergamo, nelle lettere Bossetti farebbe riferimento, a ripetizione, a «genitali femminili depilati. [...] L’imputato esprime una sorta di predilezione per la rasatura», ha precisato il sostituto procuratore. Per la Ruggeri questo sarebbe un chiaro collegamento con le ricerche, trovate dai consulenti informatici, sul computer di casa Bossetti: in quel caso, in Google erano state individuate parole chiave su "ragazzine depilate". Più in generale, ha sostenuto in aula la Procura, il contenuto delle lettere tra Bossetti e la detenuta è significativo di una «certa personalità dell’imputato». Il pm ha inoltre chiesto un supplemento di indagini sui filmati delle telecamere, che sono state oggetto da parte dei Ris di Parma di ulteriori approfondimenti per ribaltare le conclusioni a cui era arrivato Ezio Denti, criminologo della difesa, ritenute dall'accusa totalmente inattendibili. Il giudice Antonella Bertoja, davanti alle richieste, ha sottolineato che si attende entro il 20 aprile le istanze scritte e che nell’udienza del 22 la Corte d’Assise si ritirerà subito per decidere sulle varie istanze.

Il problema delle celle telefoniche. La mattina, invece, il primo a parlare è stato Luigi Nicotera, consulente della difesa. L’esperto in informatica ha parlato di celle telefoniche, soffermandosi in particolare su quella di via Natta, a Mapello, che il giorno dell’omicidio, ovvero il 26 novembre 2010, Bossetti ha agganciato alle 17.45 e Yara Gambirasio alle 18.49, quando ha ricevuto l’ultimo messaggio da un’amica. Secondo il perito ciò dimostrerebbe che l'imputato e la vittima, quel giorno, molto probabilmente non si trovavano nello stesso posto nello stesso momento. Nicotera è poi stato più preciso: «L’ampiezza di una cella telefonica è molto estesa, anche 5 chilometri quadrati – ha spiegato l’esperto davanti alla Corte – , quindi non si può stabilire con certezza dove si trovi un telefono cellulare nel momento in cui ne aggancia una. Il cellulare di Bossetti, quella sera, ha agganciato la cella di Mapello di via Natta, settore 3, mentre quello di Yara ha agganciato la stessa cella, ma nel settore 1. Difficile quindi dire con certezza dove si trovassero i due e se fossero insieme. Anzi, è facile che i due fossero in due posizioni diverse». Il pm Letizia Ruggeri ha ribattuto chiedendo a Nicotera quale cella si aggancia telefonando dalla Piana di Mapello, dove si trova l’abitazione di Bossetti. L’avvocato difensore Paolo Camporini è intervenuto precisando che il loro consulente non ha analizzato questo aspetto. La pm ha dunque dichiarato: «Glielo dico io allora: aggancia la cella di Terno d’Isola». In tal maniera il pm ha voluto dimostrare che quel 26 novembre Bossetti non si trovava a casa, come invece continua a sostenere.

 

camporini salvagni bossetti foto bedolis 15 aprile

 

La testimonianza della fisioterapista. Successivamente a parlare è stata una fisioterapista che lavora nella palestra di Brembate Sopra da cui Yara scomparve il 26 novembre 2010. La donna, chiamata a testimoniare dai legali dell'imputato, ha ricordato come qualche giorno prima della scomparsa della 13enne si era presentato nel suo studio all'interno del centro sportivo uno straniero, che durante la seduta le aveva rivolto degli apprezzamenti fastidiosi, tanto che la fisioterapista aveva deciso di interrompere la seduta. Lo stesso uomo, nel pomeriggio del 26 novembre 2010, si ripresentò nello studio. La donna ha detto alla Corte: «Stavo trattando un altro paziente e lui bussò alla porta dicendo di volermi vedere, non so se per fini personali o professionali. Gli dissi che doveva prendere appuntamento alla reception. Quando sono uscita dalla stanza non c’era più». Dopo la testimonianza della donna, il pm è intervenuto spiegando che, subito dopo la deposizione della donna alle forze dell'ordine, avvenuta nel 2011, il soggetto da lei indicato, un immigrato, era stato perquisito, intercettato ed erano stati sentiti alcuni suoi parenti, ma nei suoi confronti non era emerso nulla in relazione al delitto di Yara.

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