Genitori, state tranquilli

Breve guida per capire la dislessia

Breve guida per capire la dislessia
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Non è come balbettare, dove le parole sono note anche nel loro significato ma saltano fuori dalla bocca a tartaglia. La dislessia è qualche cosa di più: alla base vi è una difficoltà ad acquisire le parole, a decodificarle e poi ad articolarle correttamente e in maniera fluida. È un disturbo che insorge in età infantile e che poi, di norma, anche se migliorata, continua anche da adulti. Da parte della gamma dei disturbi di apprendimento, insieme alla disgrafia (la difficoltà a scrivere) e alla discalculia (quella di calcolo), che hanno una origine neurologica.

Che cos’è la dislessia. Deriva da un deficit nella componente fonologica del linguaggio, che spesso non è prevedibile, soprattutto se considerata in rapporto alle altre abilità cognitive. Perché non è questione di intelligenza:  i bambini che ne soffrono sono mentalmente vispi, talvolta hanno un quoziente intellettivo anche sopra la media, e hanno pure la motivazione necessaria per imparare a leggere e a scrivere. Ma hanno difficoltà a comprendere le parole che leggono, seppure siano in grado di capirle quando quelle stesse parole  ‘difficili’ vengono lette ad alta voce da un'altra persona. Non è nemmeno un problema di vista, perché gli occhi vedono bene le parole; però poi il cervello ha difficoltà a elaborare le informazioni visive.

 

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Le origini. A detta dei ricercatori, non è ancora del tutto noto perché un bambino diventi dislessico, ma si ipotizza che il disturbo possa insorgere a causa di un problema prenatale oppure durante lo sviluppo: questo problema influenza il cervello, che riceve, organizza, ricorda, utilizza e elabora le informazioni in modo diverso. Pare che anche la genetica (ereditarietà) svolga un ruolo importante, anche se non è ancora stato trovato un gene della dislessia. Ciò che è certo è che questo disturbo non è causato da un handicap fisico, come avviene, al contrario, per la vista e l'udito.

I sintomi. I campanelli di allarme che devono spingere i genitori ad accorgersi che qualche cosa non va sono però riconoscibili e su questi è bene intervenire, con l’aiuto di uno specialista, fin da subito. Ad esempio, deve insospettire la difficoltà nel bambino, dopo la normale fase di apprendimento a scuola che perdura anche durante la prima o seconda elementare, ad identificare parole, riconoscere i suoni che le compongono, capire e tradurre anche in parola scritta (dove spesso ci sono molti errori di ortografia) ciò che si legge. Occorre fare attenzione soprattutto alla difficoltà o alla tendenza del bambino a confondere ad esempio la lettera "b" con la "d" o a leggere il numero "6" come "9".  Il tutto influisce anche sull’organizzazione dei pensieri, sull’apprendimento dell'alfabeto e dei numeri durante la scuola materna e l'asilo nido, sulla capacità di mettere le parole in rima, o semplicemente di imparare a leggere e scrivere al passo con i ritmi della classe.

Intervenire, poi, si può: con una corretta diagnosi condotta da un pool di specialisti (un neuropsichiatra infantile, uno psicologo e un logopedista), che andranno insieme a ricercare le possibili cause del disturbo di apprendimento, analizzando: la storia familiare, eventuali altri disturbi dell’apprendimento, difficoltà fisiche (ad esempio, di coordinazione motoria), presenza o meno di deficit di attenzione e iperattività, depressione, ansia e disturbi della tiroide, e implicazioni di ordine psico-emotivo. Non esiste un singolo test per diagnosticare la dislessia, ma un insieme di test standardizzati utilizzati per valutare l'intelligenza, il linguaggio, il comportamento e le competenze del singolo, per avere così una visione globale del problema e iniziare una corretta terapia.

 

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Prevenzione e cura. La dislessia non scomparirà mai del tutto, ma questo disturbo non necessariamente costituirà un limite al successo scolastico del bambino e poi professionale, a patto che venga diagnosticato e trattato precocemente. In mancanza di elementi identificatori precoci certi, restano fondamentali per la diagnosi i ‘campanelli di allarme’. Una volta che il disturbo è noto, si può aiutare il bambino a migliorare con diverse tecniche e strategie: ad esempio, l'ascolto di libri su nastro piuttosto, l'utilizzo di software per il controllo ortografico e grammaticale .

In conclusione. La dislessia, quando c’è, esisterà per tutta la vita, ma questi bimbi - le mamme possono stare tranquille - sono e saranno in grado di apprendere, imparare e vivere esattamente come tutti gli altri. Seppure con modalità diverse e in tempi diversi.

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