La notte del 2 settembre

Bruciata la memoria del Brasile

Bruciata la memoria del Brasile
Pubblicato:
Aggiornato:

Su Wikipedia le voci che riguardano il Museu National del Brasile a Rio de Janeiro sono già satte riscritte e passate tutte con i verbi all’imperfetto. "Il Museu possedeva”, “il Museu era”, “il Museu aveva”... Dalla notte del 2 settembre infatti della più importante istituzione che documentava l’antichità della storia brasiliana non esiste quasi più nulla. Tutto ridotto in cenere per un incendio forse causato da uno dei quei “balão” infuocati che vengono fatti salire in cielo in occasione delle feste. Ma a rendere drammatiche le conseguenze è stata anche l’inadeguatezza delle strutture di controllo. I pompieri non hanno trovato acqua nei bocchettoni e hanno dovuto andare a rifornirsi in un lago fuori Rio per arrivare a spegnere l’incendio 24 ore dopo che era scoppiato.

 

 

Oltre che un museo si trattava di un simbolo, che proprio quest’anno compiva 200 anni, essendo stato fondato dal re Giovanni I del Portogallo nel 1818. Tra queste stanze quattro anni dopo venne formata l’indipendenza del Brasile: a proclamarla era stato l’imperatore Pietro I, che è stato il grande promotore della crescita del museo e che aveva chiamato in Brasile dall’Europa esperti archeologi e paleontologi per favorire le ricerche e formare nuove leve di studiosi autoctoni. Nel 1890 si tenne la prima Assemblea Nazionale costituente. Insomma un museo che era qualcosa di più di un museo: un pezzo di memoria nazionale. «Abbiamo perso una parte significativa del nostro passato e, di conseguenza, anche un’egual parte del nostro futuro», ha detto Vik Muniz, uno dei maggiori artisti brasiliani che ha documentato il dramma dal suo seguitissimo account Instagram.

 

 

 

Non c’erano capolavori in quelle sale. C’era invece tantissima memoria. A partire dal reperto più celebre e quasi romanzesco, il cranio di Luzia, la progenitrice di tutti i brasiliani scoperta nel 1975 nel Minas Geiras. Daterebbe undicimila anni e testimonia rapporti stretti tra le popolazioni paleoamericane e quelle africane. Luzia è diventato un simbolo popolare perché partendo dal suo cranio sono state avanzate suggestive ricostruzioni che erano esposte nelle sale per tentare di darle in tutti i sensi un volto. Non c’era solo Luzia ha testimoniare la preistoria brasiliana, C’era anche lo scheletro del primo dei grandi dinosauri ritrovati in terra carioca: il Maxakalisaurus Topai. Unico reperto a salvarsi è stato un altro oggetto simbolo che occupava con la sua mole l’ingresso del museo: il meteorite Bendegò, ritrovato nel 1794.

 

 

Era un museo rivolto a narrare le radici della storia umana, e che quindi comprendeva delle sezioni relative ad altre storie culturali. C’era la più importante raccolta di arte egizia del Brasile e del Sud America. C’era anche una sezione dedicate all’arte greco romana. E poi si allineavano sezioni affascinanti di storia naturale, che raccontavano evoluzione e ricchezza di questo immenso Paese. In tutto il patrimonio era costituito da duecentomila oggetti, di cui solo una piccola parte, circa tremila in esposizione permanente. È presto per capire cosa si sia salvato dal disastro, ma data la fragilità dei reperti e l’assenza di misure protettive c’è da temere il peggio.

Seguici sui nostri canali