Il Cai Milano e la questione rifugi Un attacco alla montagna vera
Foto Gognablog.com
«Smania capitalistica di trasformare i rifugi in redditizie attività commerciali»: non ha fatto ricorso a mezze parole Monica Tenderini, scrittrice e amante della montagna, sulla sua pagina Facebook. Sotto accusa la decisione del nuova dirigenza del Cai di Milano di disdire i contratti di affitto con 15 gestori e di chiedere agli attuali affittuari nuovi progetti di sviluppo di quei presidi montani. Letto tra le righe: gestite in modo poco moderno e poco redditizio quei rifugi di proprietà del Cai. Dovete farli rendere di più, altrimenti passate la mano.
Rifugio Brioschi al Grignone.
Naturalmente i cultori duri e puri delle montagne non sono stati ad ascoltare. E in particolare nel Lecchese è scatta subito la mobilitazione: solo nelle Grigne il Cai milanese ha 14 rifugi, che attraggono migliaia di alpinisti e che quindi sono molto appetibili dal punto di vista dei possibili ricavi. Ma secondo i vertici del Cai non ci sarebbe abbastanza professionalità per mandarli davvero a rendita. Naturalmente il ragionamento fatto dal neo presidente Massimo Minotti è più sfumato, ma la sostanza resta questa. Ha spiegato Minotti: «I tempi cambiano e anche le strutture alpinistiche hanno in gran parte cambiato la loro funzione, da punti di tappa per ascensioni in vetta a meta di semplici escursioni». Come dire: da luoghi spartani di supporto a strutture ricettive con tutti gli annessi e i connessi per attirare un pubblico sempre più largo e dargli opportunità di mangiare, star bene e spendere.
Rifugio Gianetti e Pizzo Badile.
Naturalmente è una visione che non a tutti piace. Così dal mondo degli alpinisti è scattata una rivolta contro chi pretende di cambiare il modo di vivere la montagna standosene seduto su una scrivania a Milano. La polemica viene lanciata dal sito Valsassina News: «Oggi, sembra proprio che con l’avvento dei nuovi vertici, assai determinati e decisionisti, si vada delineando una politica che tende molto al profitto, con una corsa al “mercato” e appunto alla richiesta di rendere profittevoli realtà non sempre capaci di generare guadagni ma certamente da sempre in grado di fare da presidio informato delle nostre fantastiche montagne».
A gettare benzina sul fuoco ci ha pensato poi dal suo seguitissimo blog Alessandro Gogna, con un post intitolato: «Rifugista imprenditore o volontario?». Questa volta a tema non c’è una questione di filosofia della montagna ma un caso molto specifico: quello del notissimo rifugio Rosalba, sulle Grigne, da 23 anni gestito con alterne fortune da Mauro Cariboni ma per il quale il Cai Milano avrebbe progetti diversi tanto da aver fatto (quasi) saltare lo stesso Cariboni – che alla fine è riuscito a spuntare proprio in queste ultimissime ore un prolungamento del contratto fino a fine 2017. Dietro ci sarebbe l’offerta “aggressiva” di un altro gestore di rifugi che avrebbe offerto al Cai una proposta economicamente più vantaggiosa, con un canone annuo di 22mila euro. Cosa che il diretto interessato, Alex Torricini gestore del Rifugio Brioschi, ha sdegnosamente smentito.
Rifugio Elisabetta in Val Veny.
Per ora i gestori non escono allo scoperto ma la loro posizione, affidata a una dichiarazione che ha voluto restare anonima e che è stata riportata da Valsassina News, è molto precisa. «Ora sembra che la questione sia la poca imprenditorialità dei gestori», dicono. E poi rovesciano l’accusa: «Come se fosse loro la colpa dell’incapacità dell’associazione di attecchire e resistere nella società; di fare nuovi soci; di mostrare l’importanza del Cai e dei rifugi».