Si attende ora il voto parlamentare

Che cosa cambia nel Jobs Act (c'entra soprattutto l'articolo 18)

Che cosa cambia nel Jobs Act (c'entra soprattutto l'articolo 18)
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Infine, il momento è arrivato: il Jobs Act, la legge delega per la riforma del diritto del lavoro, ha toccato il famigerato articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, ovvero quello relativo alla disciplina dei licenziamenti. D’altra parte, un testo che si propone, come più volte detto dal Premier Renzi, di cambiare radicalmente le regole del mondo del lavoro non poteva non occuparsi di questo scottante argomento, pena una certa mancanza di credibilità rispetto ad una vera svolta.

Le modifiche apportate dall’emendamento proposto dal Governo hanno trovato un buon riscontro all’interno della maggioranza, con Pd ed Ncd entrambi soddisfatti, mentre hanno creato un forte dissenso fra le forze politiche d’opposizione, Forza Italia, M5S e Sel su tutti. Dopo l’approvazione in Senato del 9 ottobre, il testo del Jobs Act è tornato alla Commissione Lavoro della Camera, la quale ha partorito il testo nuovamente modificato e ora atteso al varco del voto parlamentare previsto per il 26 novembre.

Cosa cambia in tema di licenziamenti. La legge già approvata in Senato all’inizio di ottobre aveva toccato solo marginalmente l’articolo 18 (di questo testo iniziale ne avevamo già parlato qui), viste le enormi e contrastanti pressioni che giungevano, da ogni parte politica, in merito all'argomento. Con il ritorno alla Commissione Lavoro della Camera si è deciso di mettere finalmente mano alla disciplina dei licenziamenti e le modifiche apportate sono davvero rilevanti.

Nel diritto del lavoro italiano sono previsti tre tipi di licenziamenti: economici, disciplinari e discriminatori. Le attuali norme rendono per un datore di lavoro particolarmente difficile allontanare un proprio dipendente, vista la gran mole di tutele di cui quest’ultimo gode, su tutte la reintegra, meccanismo per il quale un lavoratore, ritenuto licenziato per motivi ingiustificati, può riottenere il proprio posto come se nulla fosse successo. Ora invece, le cose dovrebbero cambiare radicalmente. Per quanto riguarda i licenziamenti disciplinari, la reintegra resta un pilastro pressoché inossidabile: l’unico cambiamento consisterà in una maggior tipizzazione delle fattispecie che possono giustificare un licenziamento di questo tipo; in sostanza, sarà la legge a definire dettagliatamente i casi in cui, in seguito ad allontanamento ritenuto ingiustificato dal lavoratore, il datore sarà costretto a fare marcia indietro.

La vera questione riguarda piuttosto i licenziamenti discriminatori: questi sono ritenuti assolutamente illegittimi persino dalla stessa Costituzione, che vieta in ogni modo alcun tipo di discriminazione basata su razza, religione, sesso e via dicendo; e, naturalmente, il mondo del lavoro non sfugge a questo ineludibile comandamento del nostro ordinamento, Jobs Act compreso. Ad ogni modo, la maggior parte delle volte un datore di lavoro maschera un licenziamento discriminatorio con uno economico, additando ragioni di interesse aziendale dietro all’allontanamento del dipendente. Se fino ad oggi era abbastanza facile per un lavoratore ottenere la reintegra anche in seguito a licenziamento economico, con le nuove norme le cose saranno molto più complicate: con le nuove modifiche, il Jobs Act esclude infatti la reintegra per questo tipo di licenziamento, prevedendo solamente un indennizzo economico certo e crescente in base all’anzianità di servizio. In sé nulla di male, se non fosse per quel possibile utilizzo di facciata del licenziamento per ragioni aziendali, adoperato per nascondere un licenziamento discriminatorio. Il dipendente avrà comunque la possibilità di far valere le proprie ragioni di fronte a un giudice, ma sicuramente tutto diventerà molto complesso e difficilmente dall’esito positivo, vista la difficoltà nel dare un giudizio certo circa le necessità economiche di un’azienda.

Ultima ma rilevante nota: la nuova disciplina dei licenziamenti varrà solo per i neoassunti e per coloro che cambiano azienda, mentre tutti gli altri lavoratori non verranno toccati dalle nuove regole; è questo un ulteriore aspetto che ha fatto storcere il naso a parecchi, vista l’instaurazione di sostanziali differenze fra dipendenti.

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