12 punti di vantaggio sulla seconda

Carpi e le altre province del gol All'Italia piacciono i sogni local

Carpi e le altre province del gol All'Italia piacciono i sogni local
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Il giorno della promozione in Serie B, nel '99, al caffè Museo di Alzano Lombardo, tutti dicevano la stessa cosa: «In squadra non abbiamo mica Maradona, ma ormai nessuno ci fa paura». C'era una volta e c'è ancora il calcio da favola, quello con i ranocchi che si trasformano in principini con un gol, i fabbri e gli abatini in calciatori di una certa serie, e dopo vissero tutti felici e contenti. Per una stagione, felice era stato anche l'Alzano Virescit. L'allenatore di allora, Claudio Foscarini, aveva portato la squadra dai dilettanti fino al campionato cadetto, e immaginatevi la faccia di quelli che il calcio lo vivono soltanto con la Juventus, il Milan e l'Inter. Quel giorno la gente di Alzano aveva messo le bandiere a scacchi bianchi e neri alle finestre e il sindaco, Antonio Novoli, in un'intervista disse: «La vittoria premia una terra dove si lavora duro». Dovettero andare a giocare le partite al Comunale di Bergamo, e siccome l'Atalanta non era riuscita ad andare in Serie A, quell'anno c'era stato anche il derby delle squadre bergamasche. Poi l'Alzano tornò da dove era venuto: l'ignoto della Serie C.

 

Il successo del Carpi sul Bologna. C'è sempre bisogno di sognare, e il calcio ci aiuta a farlo. L'ultima favola del pallone è quella del Carpi. L'altra sera, dopo aver battuto il Bologna al Cabassi, il loro stadio, persino l'allenatore Fabrizio Castori si è dovuto arrendere all'evidenza: «È vero, siamo in Serie A». Per tutta la stagione i giornalisti avevano cercato di estorcergli quella lettera, la prima dell'alfabeto che vuol dire un sacco di cose, anche essere i più bravi. Lui però - come fanno sempre tutti - aveva continuato a tergiversare sui tempi e a dire che la promozione era un sogno e niente più. E quando era uscita la telefonata in cui Claudio Lotito diceva che il Carpi in Serie A non ce lo voleva perché non era economicamente conveniente, Castori e i suoi ragazzi avevano continuato a giocare come al solito. Catenaccio, palle lunghe, evviva il calcio italiano. Ora, con 12 punti di vantaggio sulla seconda in classifica, sono praticamente a un passo dalla promozione. Aspettano solo la matematica per sparare i fuochi d'artificio. L'Italia fa sempre il tifo per queste storie. Dimostrano che lo sport è democratico e meritocratico: tutti possono vincere, basta impegnarsi un po' di più. Magari sono storie che durano un attimo, abbastanza per regalarci una speranza di mondo migliore.

 

Nel 2009 il ripescaggio in C2. Nel 2009 i biancorossi del Carpi erano stati ripescati in Serie C2 nonostante un clamoroso spareggio perso con il Pianura (5-0 in casa e sconfitta 8-2 in Campania), ma dopo era stato tutto un vincere e stupire il mondo dei palloscettici. La C1 immediata, poi la finale playoff che il Carpi perse con la Pro Vercelli giocando allo stadio Braglia di Modena, quella che potrebbe diventare la nuova casa biancorossa in serie A. Il Cabassi, per ora, non è adatto. La promozione in B era arrivata nel 2012/13, i giocatori li allenava Fabio Brini, e il Carpi avevano superato il Lecce in un doppio spareggio che nessuno da quelle parti potrà mai dimenticare. Di storie indimenticabili ce ne sono tante. Quella dell'Albinoleffe, che fermò anche la Juventus sul pari. O quella del Chievo, e la stanno ancora raccontando. Ma anche quella Castel di Sangro, che dopo gli anni passati in Eccellenza e in Serie D, si era presa la Serie B. Era il 1996 e tutti iniziarono a parlare di miracolo sportivo. All'epoca il comune aveva poco più di cinquemila abitanti e ancora oggi Castel di Sangro resta il più piccolo centro d'Italia ad aver partecipato alla B, e due anni addirittura.

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