La ricerca dell'Università di Manchester

Esiste un batterio che (forse) si nutre di scorie nucleari

Esiste un batterio che (forse) si nutre di scorie nucleari
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Il nucleare è una forma di energia che da sempre divide l’opinione pubblica e la scienza per via delle sue numerose problematiche, prima fra tutte quella dello smaltimento delle scorie radioattive. Ma lo studio Microbial degradation of isosaccharinic acid at high pH, pubblicato su The ISME (Multidisciplinary Journal of Microbial Ecology) da un team di ricercatori britannico-libanese dell’Università di Manchester rivela l’esistenza di alcuni organismi che sarebbero in grado di resistere e prosperare addirittura nei siti di smaltimento delle scorie radioattive; questa capacità di sopravvivere in ambienti particolarmente tossici potrebbe anche portare, grazie alla comune capacità dei batteri di eliminare qualsiasi tipo di rifiuto, alla possibilità di distruggere i residui nucleari.

 

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La scoperta. Sono stati prelevati alcuni campioni di terreno da un sito appartenente ad una zona industriale del Peak District, in Inghilterra, di per sé non radioattivi ma estremamente contaminati da sostanze alcaline derivanti da fornaci per produrre calce presenti nella zona; si è notata la presenza di batteri in grado di sopravvivere e prosperare in queste condizioni alcaline che dovrebbero essere le medesime dei depositi di cemento delle scorie nucleari. All’Università di Manchester sottolineano come questi organismi potrebbero non solo essere in grado di sopravvivere in questi ambienti, ma addirittura di fagocitare i rifiuti dannosi, così da non permettere la contaminazione delle zone circostanti. È una possibilità che potrebbe davvero essere rivoluzionaria, ma che si presta ancora a diverse incognite.

Un’ipotesi ancora tutta da verificare. La perplessità maggiore riguarda i tempi di adattamento di questi batteri alle condizioni presenti nei siti di smaltimento delle scorie: perché nonostante sia altamente probabile che effettivamente questi organismi siano in grado di distruggere i rifiuti nucleari, potrebbero impiegarci un tempo decisamente eccessivo rispetto a quanto le sostanze alcaline impiegherebbero a propagarsi nell’ambiente circostante, e quindi ad inquinarlo. C’è ancora tanto da studiare e verificare quindi, ma chissà che questa non possa essere finalmente la volta buona per poter garantire lo sfruttamento sicuro dell’energia nucleare.

 

A Radioactive Barrel

 

Il problema delle scorie. Lo smaltimento delle scorie radioattive ha da sempre rappresentato uno dei principali problemi rispetto al definitivo decollo dello sfruttamento dell’energia nucleare: i residui derivanti da quest’attività infatti sembrano, finora, resistere a qualsiasi tentativo di distruzione. L’idea più gettonata presa in considerazione fino a poco tempo fa concerneva il loro incorporamento e successivo sotterramento dentro enormi blocchi di cemento. Ma i possibili inconvenienti sono rilevanti: quando le acque sotterranee, dopo aver scavato nel calcestruzzo, raggiungono inevitabilmente le scorie, queste ultime reagiscono con il cemento diventando altamente alcaline; in questo modo, alcune sostanze come i radionuclidi divengono solubili e propensi ad espandersi nel sottosuolo fin sulla superficie, causando contaminazioni dell’acqua e a livello generale dell’intero ecosistema.

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