Il caso di Roma insegna

Il cellulare e la bombola del gas le nuove armi della guerra diffusa

Il cellulare e la bombola del gas le nuove armi della guerra diffusa
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Che siamo in guerra, oramai lo sanno tutti. Di che guerra si tratti è meno noto. Il papa ha parlato di guerra “a pezzetti”, nel senso che sarebbe una guerra mondiale, ma combattuta un po’ qua e un po’ là, in teatri senza apparente relazione (Afghanistan e Nigeria, ad esempio). Altri parlano di guerre “asimmetriche”, ossia guerre che assalitori e difensori combattono dotandosi di armamenti e strategie diseguali: aerei e carri armati da una parte, esplosivo al plastico e attentatori dall’altra; armi tradizionali e machete. Recentemente qualcuno ha parlato di guerra “molecolare”, nel senso che essa viene combattuta utilizzando gruppuscoli o singole persone in grado di colpire qua e là nel mondo, senza che sia possibile identificare l’esercito di appartenenza. Soldati senza mostrine, che non rientrano in caserma la sera. Guerra “Out of Control”, per usare il titolo di un’opera famosa di Kevin Kelly, mitico direttore di Wired: ogni parte dell’organismo si lega alle altre senza bisogno di un cervello centrale. Il centro è dappertutto.

I professionisti della strategia - generali, studiosi di guerra - sono convinti che si avvicini il tempo di una guerra mai vista prima, la cui caratteristica - come viene detto e scritto spesso - sarà data dal fatto che il computer di casa potrà rivelarsi un’arma micidiale più di un bazooka, perché spostare masse di denaro da una banca a un’altra con un semplice click potrebbe rivelarsi più decisivo per le sorti di un paese di una battaglia vinta (o persa) sul campo. Si è già verificato - è nelle cronache finanziarie - che un investitore singolo abbia costretto un Paese importante a svalutare la propria moneta. Stiamo parlando dello scherzo che fece George Soros alla Sterlina qualche anno fa.

È di pochi giorni fa, invece, la notizia di una signora di 82 anni che ha fatto esplodere col gas l’appartamento dal quale era stata sfrattata. Nei pressi del condominio è stato trovato un biglietto su cui aveva scritto: «Il Signore questa casa non ve la farà godere, perché siete ladri». Risultato: 1 morto e 21 feriti. Più qualche famiglia senza alloggio. Fermata, la donna ha dichiarato di non essere affatto pentita di quel che ha fatto. Nel film “Parenti serpenti”, di Mario Monicelli, i vecchi genitori - durante il pranzo di Natale - promettono di lasciare in eredità la loro casa a quello dei figli che li ospiterà nella propria per il resto dei loro giorni. I figli si accordano per far esplodere la casa dei genitori con loro due dentro e ci riescono. Useranno una stufetta a gas per poter dire che si è trattato di un mal funzionamento dell’impianto di riscaldamento. La casa fa un botto tremendo.

Al CES di Las Vegas, giorni fa, è andato alla grande quello che viene comunemente chiamato “l’internet delle cose”. Il CES è la più grande fiera mondiale dell’elettronica di consumo e ”internet delle cose” è il nome delle tecnologie che possono non soltanto scambiare tra loro informazioni, ma anche impartire comandi a diversi apparecchi. In particolare è stata la domotica (il ramo dell’elettronica che si occupa dell’automazione degli apparecchi domestici) a presentare soluzioni sorprendenti: si può accendere il forno col cellulare mentre si è in macchina, così che quando si arriva è già caldo. Si possono tirare su e giù le tapparelle col medesimo sistema. E accendere l’impianto di riscaldamento, tenere la casa sotto sorveglianza, bagnare le orchidee, avviare la lavatrice, tutto da remoto.

La domanda, a questo punto, sorge spontanea: ma col telefonino si può anche far esplodere un appartamento nel quale si sia lasciato aperto il gas? Più o meno come succede all’auto del concorrente alla poltrona di sindaco nel film “Qualunquemente”? Ricorderete la scena in cui il complice di Antonio Albanese suggerisce di “mandare un messaggino” all’avversario, e gli fa saltare in aria la macchina col cellulare, no? In quel caso era stata messa una bomba sotto la vettura. Nel nostro basta una bombola.

E dunque, la risposta alla domanda iniziale è: sì. Se quattro o cinque persone si mettessero in testa di far esplodere degli appartamenti in diverse zone della città utilizzando l’impianto del gas e dei cellulari usa e getta nessuno sarebbe oggi in grado di fermarli.

Perché abbiamo detto questo. Primo: perché ci pare che il nome più appropriato per la guerra che stiamo combattendo sia “guerra diffusa”. Diffusa come nell’espressione “Albergo diffuso” usata per indicare gli hotel ospitati non in una struttura unitaria, ma in edifici preesistenti all’impresa sparsi nel territorio, che vengono gestiti unitariamente per la parte che riguarda i servizi in camera-colazione, cambio della biancheria e altro. Oggi siamo in una situazione di guerra diffusa non solo in senso militare (isis, al-Qaeda e altro), ma anche in senso amministrativo. Quando la commissione d’indagine riferisce che tutte (tutte) le gare d’appalto per lo smaltimento dei rifiuti di Roma risultano inquinate da interventi di mafia si ammette che l’esercito mafioso ha occupato una zona considerevole del “territorio non-territorio” (o territorio immateriale) costituito dall’amministrazione capitolina. E quello di Roma non è un caso isolato.

Secondo: perché per combattere la guerra diffusa - o le sovrapposte guerre diffuse che si combattono in un territorio: contrasto alle mafie, questioni amministrative, lotta politica, terrorismo internazionale) - ci vogliono strumenti adatti. Lo hanno mostrato in maniera inequivocabile due colonnelli cinesi in un testo (Guerra senza Limiti) che ha fra l’altro il pregio di essere accompagnato da due saggi del Generale Fabio Mini che ognuno che abbia a cuore le sorti del proprio Paese dovrebbe leggere e rileggere continuamente.

E gli strumenti adatti a combattere una guerra diffusa - sia ben chiaro - non hanno niente a che fare con quelli impiegati nella lotta al terrorismo, per la quale si impiegano in questi giorni risorse il cui dispendio è pari solo alla loro inutilità. Si può infatti pensare ad affinare le capacità di intelligence per scoprire gli isisiani in incognito che si aggirano per l’Europa. Si possono rendere ancora più severi i controlli in aeroporto e sulle spiagge, inasprire le pene per chi sia scoperto a detenere illegalmente un kalashnikov. Ma come la mettiamo coi telefonini? Ne vieteremo l’uso per motivi domestici? O metteremo un poliziotto di guardia ad ogni contatore del gas che si affacci sulla strada?

Impossibile. I due colonnelli cinesi - e il generale Mini - scrivono che diversamente dal tempo in cui sono stati armamenti innovativi (i carri armati, per esempio, nella prima metà del secolo scorso, e i missili teleguidati nella seconda) a caratterizzare le guerre, oggi non sono più le armi a determinare le speranze di vittoria o il rischio della sconfitta. Quel che maggiormente sarebbe necessario è un “mutamento concettuale” di fondo, capace di usare in maniera coordinata le risorse militari, i flussi finanziari, i movimenti di piazza, le televisioni, il pc, i social network. Aggiungiamo: il cellulare, le bombola del gas.

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