Moët&Chandon e Chateau Latour

Champagne e Bordeaux in pericolo E han chiesto aiuto a un italiano

Champagne e Bordeaux in pericolo E han chiesto aiuto a un italiano
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Nelle settimane scorse è stato reso noto il sorpasso dell’Italia sulla Francia come principale produttore di vino al mondo. Ma la notizia degli ultimi giorni, ovvero che i nostri cugini d’Oltralpe hanno bisogno di noi per salvare i loro più preziosi vitigni, stimola ancor di più l’orgoglio italico. Al di là dell’ironia sulla storica rivalità fra Italia e Francia per quanto riguarda il vino, il problema è serio: alcuni dei vigneti transalpini che danno al mondo pregiatissimi Champagne sono in forte crisi, a causa di uno strano malanno che sta colpendo le uve. E, onde evitare di perdere prodotti di così alto livello, le case vinicole in questione hanno chiesto aiuto alla sapienza e alla tecnologia italiana per salvare la situazione.

 

[Lo Chateau d’Yquem]

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In soccorso di Bordeaux e Champagne. In realtà non si tratta di una novità assoluta: già lo Chateau d’Yquem, una delle più celebri produttrici di Sauternes, si è recentemente rivolta a Marco Simonit e al suo gruppo di specialisti per intervenire sulla precaria salute dei vigneti francesi. Simonit, da sempre operante nel settore del vino, è uno dei massimi esperti nostrani per quanto riguarda la cura e la coltivazione delle viti, tanto celebre nell’ambito da essere stato contattato persino dal glorioso Yquem.

E allo stesso modo hanno deciso di fare lo Chateau Latour e la famosissima casa Moët&Chandon. Per quanto riguarda il primo, si tratta dell’azienda produttrice di Bordeaux più famosa di Francia, e dunque del mondo: la sua storia ha origine verso il 1670 circa, anche se la coltivazione della vite attorno alla torre di vedetta da cui prende il nome, costruita dagli inglesi nel Trecento, risale probabilmente ancor più indietro nel tempo. La fama dello Chateau Latour crebbe esponenzialmente nel Settecento, con le esportazioni in Inghilterra e il successo presso la corte reale. Attualmente è di proprietà del finanziere Francois Pinault.

 

[Lo Chateau Latour]

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Moët&Chandon, da parte sua, ha una lunga tradizione fatta di conquiste, primati e innovazioni pionieristiche e leggendarie, che l’hanno resa sinonimo di uno dei più amati Champagne al mondo. Fondata nel 1743, la maison di Epernay possiede oggi oltre circa 1.200 ettari di vigneti e produce annualmente oltre 32 milioni di bottiglie di Champagne. Fa parte del Gruppo Lvmh, tra i leader mondiali del lusso.

Uno strano malanno e la giusta terapia. Da qualche tempo a questa parte, le preziosissime vigne di queste storiche case produttrici soffrono di una ancora non ben identificata malattia del legno, che porta ad un precoce deperimento, e alla morte, dei tralici colpiti. Il discorso non è solo economico, in termini di bottiglie prodotte in meno, ma anche di sopravvivenza: se non si interviene il prima possibile e in modo mirato, il rischio è di non poter più gustare dei loro leggendari nettari.

 

[Il Moët&Chandon]

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Ed è questo il compito che atterrà a Marco Simonit e al suo team. Nello specifico, pare che poco si possa fare per salvare le piante già infette, ma si può applicare un trattamento preventivo che possa impedire a questo morbo di sopravvenire nel tempo nelle vigne ancora sane. Il metodo di Simonit riguarda una particolare procedura di potatura delle piante, che non danneggia il sistema linfatico delle piante, mantenendole forti e poco vulnerabili. Pur, si intende, nel rispetto della tradizione vinicola di casa. «Lavoriamo soprattutto sui vigneti giovani e su quelli adulti non compromessi e formiamo le squadre dei potatori. La prospettiva è che in cinque anni si codifichi un sistema di potatura innovativo, che stiamo studiando specificatamente per Château Latour», ha dichiarato Simonit. Analogo metodo verrà applicato alle vigne di Moët&Chandon, al fine di allungare la vita dei singoli rami: avere piante più longeve, spiega Simonit, è esigenza prioritaria per le grandi case, dal momento che garantisce la continuità qualitativa e la riconoscibilità del prodotto finale.

C’è talmente tanta fiducia in Simonit e nel suo lavoro che, pare, altre 7 importanti maison francesi si siano già fatte avanti per formare i propri potatori secondo la scuola italiana. Vista la qualità di ciò di cui si parla e il relativo rischio di perderla, ogni orgoglio provinciale e campanilistico deve essere messo da parte.

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