Che cosa c'entra Ubi Banca con il caso Panama Papers

È la più grande banca dati mai resa pubblica riguardante la creazione illecita di società di comodo in uno dei più noti paradisi fiscali del mondo: ecco cosa sono i Panama Papers. Oltre 2,5 terabyte di dati minuziosamente analizzati dai giornalisti dell'Icij, l'International Consortium of investigative journalists, e arrivati nelle loro mani grazie a una fonte anonima interna allo studio legale panamense Mossack Fonseca, che avrebbe curato gli interessi di decine e decine di potenti del mondo desiderosi di sottrarre alle grinfie del fisco parte dei loro averi attraverso la creazione di conti off shore. Nomi noti, ma anche imprenditori, professionisti e affaristi per lo più sconosciuti alle cronache. Tutti, naturalmente, ricchissimi.
Ubi e quei contatti nei paradisi fiscali. Nelle ultime ore, l'Agenzia delle Entrate ha reso noto che si stanno elaborando le strategie e attivando i contatti internazionali per ottenere la documentazione relativa ai contribuenti italiani coinvolti, per poi attivare con rapidità le relative indagini. I nostri connazionali coinvolti, stando alle prime informazioni riportate da L'Espresso (organo d'informazione italiano facente parte dell'Icij), sarebbero circa 800. Tra questi ci sarebbero anche due dei più importanti istituti bancari italiani: Unicredit e Ubi Banca. L'Espresso, sebbene annunci che il caso sarà meglio approfondito nelle prossime settimane, ovvero quando la redazione avrà accesso completo ai documenti, spiega che per «la grande Popolare bergamasca che si è da pochi mesi trasformata in spa, la piattaforma d'operazioni per gli affari offshore si trovava a Lussemburgo. È quindi Ubi international che dal Granducato ha incrociato la rotta di Mossack Fonseca. Nelle carte compaiono i nomi di 40 sigle offshore, registrate a Panama e alle isole Seychelles, che appaiono legate a Ubi. Una decina risultano ancora attive. Nei documenti si trova però traccia di numerose conversazioni tra i manager di Mossack Fonseca e i manager di Ubi Banca in Lussemburgo».
L'istituto ha immediatamente smentito la notizia attraverso un apposito comunicato: «Ubi Banca non ha società controllate in Paesi quali quelli citati e nemmeno i nominativi indicati sono direttamente riconducibili a Ubi. È però possibile che siano state gestite delle operazioni dalla Banca per conto di propri clienti, nel rispetto della legislazione del Granducato». Detto in maniera più semplice: Ubi non avrebbe alcuna società a lei direttamente legata con sedi (e conti) a Panama o in altri paradisi fiscali, ma non si può escludere che Ubi abbia curato, attraverso la propria filiale lussemburghese, operazioni per conto di alcuni suoi clienti proprio da quelle parti. Chi sono questi clienti? Non è dato saperlo, visto che il capitale delle società è al portatore.
[La sede di Ubi International in Lussemburgo]
L'esposto degli azionisti e di Adusbef. A poter chiarire effettivamente il ruolo di Ubi nella vicenda, molto probabilmente, saranno dunque le indagini che partiranno da questa inchiesta giornalistica. Nel frattempo, l’associazione azionisti Ubi Banca e l’Adusbef hanno annunciato di aver presentato alle Procure della Repubblica di Milano, Bergamo e Roma un esposto teso ad accertare fatti e circostanze riguardanti il Gruppo Ubi, già oggetto di inchieste penali dietro analoghe denunce presentate in precedenza, riguardanti frodi fiscali e costituzione all’estero di rilevanti capitali. Prima dei Panama Papers, infatti, Ubi era stata chiamata in causa anche nel cosiddetto Lux Leaks, lo scandalo riguardante 340 multinazionali che hanno sottoscritto accordi elusivi con il Granducato di Lussemburgo per pagare meno tasse agli Stati di provenienza. In quel caso, Ubi risultava essere tra i protagonisti assoluti di quegli accordi, scrivono le due associazioni. Scopo degli esposti, informano, è «accertare fatti e circostanze riguardanti il Gruppo Ubi Banca. Si parla di cifre enormi potenzialmente sottratte al fisco italiano e di altri Paesi europei».