La certezza barattata con la libertà

Checco, il posto fisso e i giovani (a cui in realtà basterebbe un posto)

Checco, il posto fisso e i giovani (a cui in realtà basterebbe un posto)
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37 milioni di euro d’incasso in 6 giorni: sono i numeri pazzeschi di Quo Vado?, ultimo film di Checco Zalone, “fatica” cinematografica del comico pugliese che non ha soltanto diviso la Nazione (l’Italia si divide alquanto facilmente, questa oramai è cosa nota), ma ha anche riacceso il dibattito attorno a un tema molto sentito negli ultimi anni: il posto fisso. Il film di Zalone è incentrato proprio sul lavoro a tempo indeterminato, o meglio, sul sogno dell’italiano medio di trovare un posto di lavoro senza tanti impegni, preoccupazioni e uno stipendio certo ogni fine mese. Un tema di discussione che, ciclicamente, torna in auge in un’Italia che, dal 2008, ha dovuto fare i conti con un mercato del lavoro arrancante e una disoccupazione in continua ascesa. Come dimenticarci delle polemiche che solo 3 anni e mezzo fa scatenarono le parole dell’allora premier “tecnico” Mario Monti? «I giovani devono abituarsi all'idea che non avranno un posto fisso per tutta la vita. E poi, diciamolo, che monotonia». Parole che andavano a braccetto con quelle del ministro Elsa Fornero, che definiva i ragazzi italiani un po’ «choosy», cioè schizzinosi in fatto di possibilità lavorative.

 

https://youtu.be/2WHNLD_sTpA?t=8s

 

Ma quale posto fisso. Normale, davanti al bailamme di dichiarazioni seguite anche al successo di Quo Vado?, chiedersi allora se in Italia esista ancora il mito del posto fisso. E la risposta, a dire il vero, è un po’ inattesa: no, i giovani italiani non desiderano più il posto fisso. Si accontenterebbero, a dire il vero, di un posto e basta. Ma forse dire che non lo desiderano più non è così corretto, forse semplicemente sanno che è un desiderio infondato e lontano dalla realtà, un po’ com’era una volta voler diventare calciatore o astronauta. Iperboli a parte, Il Sole 24 Ore ha pensato di confrontare diverse ricerche pubblicate da istituti accreditati, scoprendo appunto che il lavoro a tempo indeterminato non risiede più da un po’ nei sogni dei giovani. Già l’indagine 2013 della Bain&Company su un campione di mille ventenni, mostrava come le priorità di questi fossero la soddisfazione sul posto di lavoro (69 percento), il reddito (52 percento) e il bilanciamento tra impegni professionali e vita privata. Solo il 37 percento metteva tra le priorità un contratto a tempo indeterminato.

A distanza di due anni le cose non sono cambiate, anzi. Lo conferma un’altra ricerca sui giovani italiani, firmata questa volta dalla Sanpellegrino Campus, che ha sondato le aspettative per il 2016 su più di 1.200 studenti tra i 17 e i 25 anni. Risultato? La maggior parte dei desideri (il 61 percento) sono legate all’oggi più che al domani: finire la scuola (46 percento) e prendere una laurea nei tempi giusti senza preoccuparsi del voto (58 percento). Sul lavoro, invece, il primo obiettivo è raggiungere l’indipendenza economica dalla propria famiglia (38 percento) e costruirsi una carriera nel mondo delle nuove professioni digitali (32 percento): c’è chi sogna i social media (42 percento), chi di inventare un’app (27 percento), chi preferisce invece il settore dell’e-commerce (23 percento). Tutti, in ogni caso, sono perfettamente consci che ciò significa solo una cosa: partita Iva e posto fisso da dimenticare, tant’è che solo l’8 percento degli intervistati lo mette tra i propri desideri per il futuro prossimo.

 

Quo-Vado-2

 

Cosa vogliono allora i giovani? Questi numeri, come spiega Luisanna Benfatto su Il Sole, dimostrano come i giovani, sebbene vengano spesso dipinti come superficiali e poco maturi, siano invece perfettamente consci dell’epoca che stanno vivendo e di come siano in realtà molto più realisti e concreti di quanto si pensi. Il posto fisso non è più un obiettivo, il mito è stato distrutto dagli errori delle generazioni passate, che l’hanno reso un parcheggio mentale e nulla più. Ora il vero obiettivo è “costruire” un curriculum ricco di esperienze, di “skills”, di specializzazioni. La battaglia per ottenere un lavoro si combatte, oggi più che mai, sul piano del merito. La crescita professionale va di pari passo con quella umana: i giovani desiderano vivere esperienze lavorative che siano anche esperienze di vita. Il cartellino da timbrare è stato scientemente barattato, nell’immaginario dei giovani, dall’idea della libertà: libertà di professione, di orari, di luoghi e anche di stipendi per certi versi. È un argomento che ha recentemente trattato anche il Financial Times in un articolo dedicato al vero e proprio boom della società di consulenza Eden McCallum (fondata nel 2000), che offre a profili altamente qualificati contratti part-time e super flessibili per rispondere meglio sia alle loro richieste personali che a quelle di un mercato senza più senza confini.

Davanti al crollo del mercato del lavoro classico (8 ore in ufficio, stipendio fisso, lavoro fisso, tredicesima e, quando va di lusso, una quattordicesima), i giovani sono stati costretti a trovare nuove strade e sono stati in grado di costruirne alcune in grado di portare anche a una maggior felicità: una ricerca della società di recruiting Robert Walters dimostra come il 59 percento dei 6.700 professionisti europei intervistati sarebbe disposto a lasciare il posto fisso per un lavoro temporaneo, magari anche per un contratto annuale, purché ideale, cioè che permetta una migliore qualità della vita e una crescita professionale e salariale. Il punto fisso resta quello del reddito: guadagnare abbastanza per essere indipendenti. Ed è normale: a patto di venir giustamente retribuiti, i giovani di oggi sono ben felici di mettersi in gioco e osare, tentare, rimboccarsi le maniche. Come dice l’articolo de Il Sole, nel film di Zalone il vero simbolo degli italiani (ma non solo) di oggi, non è tanto il personaggio del comico, ma quello di Valeria, la sua amata, ricercatrice nomade mossa da un ideale e sempre alla ricerca del lavoro, o meglio del luogo, in grado di soddisfarla umanamente prima che finanziariamente. Anche perché, visto gli stipendi di oggi, se non ci fosse neppure un ritorno economico… Addio posto fisso, dunque. I ragazzi oggi si accontenterebbero di un’occasione, di un posto insomma. In bocca al lupo.

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