L'addio

Chi era il 29enne di Sovere morto nell’incidente ad Artogne

Lo schianto è avvenuto nella mattinata di ieri lungo la statale 42: il giovane lascia i genitori e due fratelli, di cui uno gemello

Chi era il 29enne di Sovere morto nell’incidente ad Artogne
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Si chiamava Marco Gianvito il 29enne che ha perso la vita nell’incidente avvenuto nella mattinata di ieri (mercoledì 20 luglio) lungo la statale 42 ad Artogne, nel tratto compreso tra Rogno e Pian Camuno. Il giovane, residente a Sovere, lavorava come operaio metalmeccanico proprio nel comune bresciano nella ditta Pressofusioni Sebine, specializzata nella fusione e lavorazione dell’alluminio, presso il reparto controllo qualità.

La vittima aveva staccato alle 6 dal turno di notte, poi si era recato in macchina verso la Val Camonica, forse per fare colazione e sbrigare alcune faccende, poi intorno alle 9 ha deciso di tornare a casa, percorrendo la direzione opposta. A questo punto, la dinamica dell’accaduto è al momento poco chiara: gli altri automobilisti hanno raccontato ai carabinieri che il suo veicolo avrebbe cominciato a sbandare, invadendo diverse volte l’altra corsia, fino al tragico epilogo con lo schianto contro l’auto, che andava in senso opposto, guidata da una 48enne di Pian Camuno. L’impatto è stato molto violento, tant’è che il mezzo guidato da Gianvito ha girato su sé stesso, schiantandosi infine contro il guardrail, con la parte anteriore in verso contrario rispetto a quello di marcia. Rimasto intrappolato tra le lamiere, i sanitari giunti sul posto hanno cercato di rianimarlo per un’ora, ma per lui non c’era più niente da fare. La donna rimasta coinvolta nell’incidente, invece, è stata trasportata in codice giallo con l’elisoccorso alla Poliambulanza di Brescia e non risulta in pericolo di vita.

Il 29enne viveva a Sovere in via Sansones, vicino alla casa di riposo ed al palazzo Silvestri insieme al padre Ivan, professore all’istituto superiore Ivan Piana di Lovere, dove il figlio aveva frequentato e si era diplomato, e alla madre Concetta d’Urso, che lavorava nel laboratorio analisi dell’ospedale di Lovere. Il ragazzo lascia anche il fratello gemello Mauro e quello maggiore Matteo. L’autorità giudiziaria ha dato il nulla osta affinché la salma possa essere restituita alla famiglia. Al cordoglio dei parenti e degli amici si è unito tutto il paese, la scuola superiore dove ha studiato e l’azienda dove lavorava, esprimendo vicinanza alla famiglia e sconcerto per l’improvvisa perdita.

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