Tra Brexit, crisi e tasse sugli alcolici

Chiude un pub ogni dodici ore In Gran Bretagna crolla un mito

Chiude un pub ogni dodici ore In Gran Bretagna crolla un mito
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In Gran Bretagna sono tempi duri. E non è solo colpa della Brexit che assomiglia sempre di più ad un vicolo cieco. Ora anche uno dei miti dello stile di vita inglese vacilla: sono i pub. L’allarme è stato lanciato dalla Campaign for Real Ale, l’associazione di volontari che tutela la birra e i locali tradizionali. In Gran Bretagna, secondo i dati raccolti dall’associazione, chiude quasi un pub ogni dodici ore; mediamente diciotto pub a settimana dicono addio. Secondo un sondaggio YouGov ripreso dal sito specializzato Food Service Equipment Journal, quattro sudditi di Sua Maestà su cinque hanno sperimentato negli ultimi anni la chiusura di qualche insegna “storica” presso la quale erano soliti dissetarsi abitualmente con un boccale di birra o con altre bevande. I numeri dicono tutto: nel 2001 i pub nel Regno Unito erano 52.500, mentre oggi sono 38.815, con la diminuzione più consistente avvenuta negli ultimi 10 anni.

 

 

La colpa sarebbe indirettamente della Brexit, perché dopo il referendum la crisi economica è cresciuta esponenzialmente nel Paese. Alla crisi si sono poi aggiunti i costi: in Gran Bretagna le tasse sugli alcolici sono aumentate molto negli ultimi anni, una pinta di birra al pub va dalle 3,5 sterline nei paesi di campagna alle 5,2 sterline in media a Londra. Già oggi il 56 per cento dei frequentatori di pub considera insostenibile il prezzo di una pinta. L'esecutivo vorrebbe prelevare altri due pence di tasse a pinta, ma la prospettiva non piace alla categoria, che già contribuisce ai conti del Regno Unito con 23,1 miliardi di sterline l'anno. In aggiunta, nel 2019 sono finiti i contributi di Stato per le piccole aziende, un migliaio di sterline l'anno per un pub.

 

 

Così succede sempre più spesso che invece di andare nei locali ci si rifugi nella birra comperata al supermercato dove lattine e bottigliette si trovano per 1,5 sterline, in certi casi anche meno di una sterlina. Ovviamente questo vuol dire che viene meno il “rito sociale” del pub, come hanno scritto in una lettera pubblica quelli della Campaign for Real Ale: «Ci sono pochi luoghi in grado di replicare i benefici di un pub per le nostre comunità. E una volta spariti, è per sempre».

La tendenza alle chiusure ha un impatto particolarmente negativo nel Galles, nell'area metropolitana di Londra e nelle Midlands inglesi: questo significa che c’è una connotazione sociale in quello che sta accadendo. I pub sono infatti sempre stati i locali preferiti dalla working class britannica. Gli operai che aspettavano lo stipendio del venerdì per andare a spenderselo tutto nel weekend al bancone del pub: un vizio che aveva portato addirittura le donne inglesi a una sommossa e che costrinse il governo a cambiare il giorno di consegna degli stipendi a metà settimana, in modo che le mogli potessero metterci le mani sopra e avere i soldi per affitto e spesa.

 

 

Su tutta questa vicenda pesa poi un paradosso: tra i principali protagonisti della campagna per la Brexit c’è Tim Martin, fondatore del gruppo Wetherspoon che nel 1992 è entrato in borsa, e che oggi conta novecento pub. Il suo magazine, Wetherspoon News, che viene diffuso nei suoi pub in quattrocentomila copie, e viene letto da due milioni di persone, è stato in prima linea nella campagna per liberare il Paese «dalle catene di Bruxelles». Lui si è portato avanti e ha già eliminato gli alcolici europei dai suoi pub disseminati in tutto il Regno Unito.

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