Operazione "Pettirosso": oltre 130 denunce, un arresto e più di 3mila uccelli sequestrati
Coinvolte le province di Bergamo, Brescia e Mantova, controlli anche in ristoranti e macellerie. Gli uccelli ancora vivi saranno rimessi in libertà
Oltre 130 persone denunciate per reati contro l’avifauna selvatica, un arresto per possesso di armi clandestine, oltre tremila uccelli protetti sequestrati (vivi e morti), così come sono stati sequestrati più di 600 dispositivi di cattura, armi e munizioni illegali.
Si è da poco conclusa l’operazione denominata “Pettirosso”, coordinata dal reparto operativo Soarda (Sezione operativa antibracconaggio e reati in danno agli animali) del raggruppamento dei carabinieri Cites, in sinergia con i gruppi dei carabinieri forestali di Brescia, Bergamo e Mantova e cani addestrati per la ricerca di armi, munizioni, strumenti di cattura, richiami acustici e fauna selvatica.
I principali reati ipotizzati sono furto aggravato di fauna selvatica, in quanto bene indisponibile dello Stato, ricettazione, contraffazione di pubblici sigilli, uso abusivo dei sigilli destinati all’autenticazione pubblica, maltrattamento e uccisione di animali, detenzione non consentita di specie protette e particolarmente protette, uccellagione, esercizio della caccia con mezzi vietati e porto d’armi abusivo.
Le prealpi lombardo-venete sono uno dei terreni di caccia ideali per i bracconieri: grazie alla propria posizione geografica, rappresentano uno snodo fondamentale lungo le rotte migratorie dei piccoli passeriformi, che si spostano dalle aree di nidificazione dell’Europa settentrionale verso quelle di “svernamento” del bacino Mediterraneo e del continente africano.
Uccelli che, stremati dalle lunghe distanze percorse, sono particolarmente vulnerabili. Soprattutto sui valichi montani, che costituiscono un collo di bottiglia per le migrazioni.
L’operazione “Pettirosso” in numeri
Nel dettaglio, al termine dell’operazione sono state denunciate 139 persone, è stato arrestato un bracconiere e sequestrati 3.336 uccelli: 2.452 erano morti, mentre i restanti 884 esemplari erano ancora vivi. Questi sono stati affidati ai centri di recupero di animali selvatici “Il Pettirosso” di Modena e l’oasi WWF Valpredina; non appena le loro condizioni lo consentiranno, saranno rimessi in libertà.
Sono stati requisiti anche 99 fucili, 5.294 munizioni e 673 dispositivi di cattura illegale: i più usati dai bracconieri sono i richiami acustici a funzionamento elettromagnetico, le reti da uccellagione, le gabbie-trappola e, nei casi peggiori, archetti e trappole metalliche che lasciano le prede cacciate in uno stato di agonia che può durare ore, prima che muoiano per il dolore. La maggior parte dei sequestri sono stati eseguiti in provincia di Brescia.
I controlli
In provincia di Bergamo un soggetto deteneva all’interno di un’uccelleria 25 esemplari di avifauna particolarmente protetta e 216 esemplari di avifauna cacciabile con alla zampa apposti anelli identificativi contraffatti.
L’unico arresto è stato eseguito nel Bresciano. Come riportano i colleghi di PrimaBrescia, le manette sono scattate per detenzione di arma clandestina costruita artigianalmente, trovata grazie al fiuto dei cani dell’unità chiamata “Africa”. I militari hanno sequestrato 800 cartucce, il materiale usato per assemblare le armi clandestine e decine di esemplari abbattuti illegalmente.
Numerosi i controlli anche nei ristoranti: in due casi sono trovati oltre 300 uccelli, alcuni già allo spiedo o in cottura per la polenta e osei, altri spiumati e congelati, tutti privi dei requisiti per stabilirne la rintracciabilità. In una macelleria sono stati invece trovati uccelli che sarebbero stati usati come richiami vivi.
In provincia di Mantova i carabinieri hanno sorpreso padre e figlio mentre utilizzavano richiami acustici a funzionamento elettromagnetico per abbattere uccelli protetti. Nella loro abitazione hanno trovato oltre 500 esemplari congelati e spiumati, allodole vive dotate di un anello identificativo contraffatto e 2.380 munizioni.