Chiusura dei centri commerciali, i sindacati: «Il terziario ha già pagato»
Diego Lorenzi, segretario generale Fisascat Cisl di Bergamo: «Il problema dei contagi riguarda soprattutto il fattore assembramenti e non può essere minimizzato concentrandosi soltanto sui week end dei centri commerciali»
Non soltanto il coprifuoco notturno dalle 23 alle 5. Anche la chiusura nelle giornate di sabato e domenica delle grandi strutture di vendita e degli esercizi commerciali al dettaglio presenti nei centri commerciali (a esclusione di quelli di prima necessità) ha creato ben più di una perplessità e di un malumore. Diverse persone, infatti, non capiscono quale sia la ratio alla base delle ultime ordinanze, che con menzionano minimamente una delle principali criticità e causa di assembramenti: il trasporto pubblico locale. Al di là del problema del sovraffollamento degli autobus e concentrandosi invece sul fronte dei negozi, c’è chi propone la creazione «di un tavolo di crisi regionale, con la presenza di politici e amministratori, rappresentanti datoriali e dei lavoratori di ogni settore, dove ognuno, senza pregiudizi, discuta per trovare soluzioni condivise».
A lanciare l’idea è Diego Lorenzi, segretario generale Fisascat Cisl di Bergamo. «Non sono un medico, tanto meno un virologo e non mi permetto di suggerire soluzioni che non mi competono e su cui rispetto le decisioni degli esperti – specifica -. Mi permetto di dire soltanto che siamo un popolo intelligente. Il problema dei contagi riguarda soprattutto il fattore assembramenti e non può essere minimizzato concentrandosi soltanto sui week end dei centri commerciali. Se ogni attività commerciale chiudesse un giorno alla settimana, tutti farebbero lo stesso sacrificio, ma nessuno si avvantaggerebbe della chiusura di un altro. Vediamo se questo basta per abbassare la curva dei contagi. Che i centri commerciali se la prendano con le piazze cittadine, o viceversa, non ha senso».
Nel ribadire l’importanza dei controlli per il rispetto dei protocolli anti-contagio, Lorenzi sottolinea che non possono essere sempre gli stessi settori a pagare dazio per la prevenzione dei contagi. «Il mondo del commercio e dei servizi ha pagato con grandi perdite sia in termini economici sia di posti di lavoro – aggiunge -. Gli stagionali e i lavoratori a termine sono state le prime vittime. Molti dei lavoratori del terziario soffrono di una caduta in povertà a causa dei ritardi nell’erogazione della cassa integrazione e dei ridimensionamenti di orari e stipendi. Ci auguriamo che la seconda ondata sia affrontata con metodi e risposte coscienziose e di lunga prospettiva, per evitare quello che da più parti viene descritto come una strage annunciata, quando verrà tolto il divieto di licenziamenti per motivi economici».