Ciclismo, ora il doping è il sonnifero

Il doping non dorme mai. O sì. Prende i sonniferi. Ti fai di sonno per andare più forte. Pasticche per chiudere gli occhi e sentirsi dipendenti. «Ne creano», dicono i medici. E incalzano: «Perché il principio è la benzodiazepina». Un cruciverba in una boccetta con l'etichetta. L'ultima frontiera del doping nel ciclismo l'ha svelata Luca Paolini sulla Gazzetta dello Sport. Era stato trovato positivo alla cocaina all'ultimo Tour de France, ma quello era già l'ultimo stadio della dipendenza. Aveva iniziato con i sonniferi. «Prendevo gocce per dormire». Il problema è che la benzodiazepina, principio attivo, crea dipendenza. Lo chiamano Minias, quasi fosse una semplicità da ingerire. Sulle pagine de Il Giornale Massimo Besnati, medico della Katusha, la squadra russa di Paolini, ha spiegato: «Inizi con dieci, poi arrivi a venti, trenta, fino a cento».
6 tazze di caffè, prima di colazione. E allora? Il punto è «smettere, se cerchi di farlo: la cosa provoca sindromi di astinenza». A Milano e a Verona esistono cliniche specializzate per combattere questo tipo di dipendenza. Lo stesso Paolini cercava di combattere il sonno con - classico - il caffè. Non una. «Cinque, sei tazze. Tutte prima di scendere a fare colazione. Si portava la macchinetta alle corse. Il caffè serve per combattere l'alterazione dello stato di vigilanza», dice ancora Besnati. Con un problema: «Dopo sei costretto ad aumentare le dosi del sonnifero, se vuoi che abbia effetto». Luigi Simonetto, presidente della Commissione Tutela e Salute della Federciclismo, aggiunge: «Il problema c' è, non va sottovalutato. Va monitorato e arginato, anche se la figura del medico, paradossalmente, oggi sta andando via via indebolendosi. Ora una moltitudine di soggetti, dalle competenze più svariate, ruotano attorno ad un atleta e non sempre hanno realmente specifiche competenze o rigore professionale».
Perché si usano i sonniferi. Ma perché si ricorre ai sonniferi? Tre settimane su strada, tappe lunghissime, difficili, sempre più dure. Cristian Salvato, presidente del sindacato corridori ci va cauto: «È vero, al termine di una corsa a tappe, alcuni ricorrono a qualche tranquillante per dormire. Ma non c'è nessuna emergenza di abuso», spiega. E aggiunge: «I ciclisti non sono un gruppo di pazzi che fanno uso indiscriminato di farmaci, ma se qualcuno è in possesso di elementi che dicono il contrario, è bene che questi studi vengano tirati fuori». Ma certo è che il ciclismo continua ad avere situazioni al limite, e questa dei sonniferi potrebbe essere una pista per arrivare a comprendere ancora meglio il doping. Va detto che negli ultimi anni il ciclismo ha ridotto, e di molto, il fenomeno. Merito soprattutto dei controlli a sorpresa, fuori competizione, ventiquattro ore per ogni giorno dell'anno. Non basta ancora, evidentemente.