Cinghiali, lo spettro della peste suina: «Basta un caso per affossare l'allevamento dei suini»
Dalla Germania arriva il primo caso ufficiale di peste suina africana rilevata nella carcassa di cinghiale. In provincia il comparto conta un patrimonio di 297.011 capi di suini

Sul mondo agricolo bergamasco si abbatte un’ulteriore preoccupazione: quella della peste suina. Dalla Germania arriva il primo caso ufficiale di peste suina africana rilevata nella carcassa di cinghiale e la Coldiretti provinciale rilancia l’allarme per l’invasione di questi animali che, oltre a causare danni ingenti, sono tra i vettori principali di questa malattia.
«Il timore è che l’epidemia si diffonda negli allevamenti visto il numero incontrollato di cinghiali presenti nel nostro territorio – spiega Gianfranco Drigo, direttore di Coldiretti Bergamo –. Se ciò avvenisse sarebbe un disastro per un comparto che conta un patrimonio di 297.011 capi di suini, una realtà importante sia dal punto di vista economico sia occupazionale che però sta scontando un periodo di forte difficoltà. Servono subito misure urgenti ed efficaci per evitare che si verifichi questo scenario, a partire dal contenimento dei cinghiali».
Secondo l’associazione basterebbe infatti un solo caso per affossare l’allevamento dei suini e, di conseguenza, tutta la filiera legata alla produzione dei salumi. Nel frattempo, però, i cinghiali continuano ad essere una spina nel fianco per gli agricoltori, visti i numerosi danni che causano ogni giorno. «Non ne possiamo più – affermano dalla società agricola Cocchetti e Bertolazzi di Cerete -, sono la nostra rovina: distruggono la cotica erbosa dei prati e quindi non riusciamo più a raccogliere nulla. L’erba si mescola alla terra e non può più essere utilizzata per l’alimentazione del bestiame. Lo scorso anno per questo motivo ci sono morte 5 vacche. Non sappiamo più cosa fare per difenderci. Nelle scorse settimane con una gabbia ne abbiamo catturato un esemplare di 125 chilogrammi, ma ci vuole ben altro. In futuro dovremo compiere alcuni investimenti nella nostra azienda, ma se le cose non cambiano non sappiamo che decisione prenderemo”.
Anche ai Colli di San Fermo, nella zona vicina a Grone, i cinghiali stanno mettendo a dura prova gli agricoltori. «Ormai sfalciare l’erba è diventato impossibile, i prati vengono messi sotto sopra e in questa situazione non riusciamo più a raccogliere il foraggio per alimentare i nostri animali – riferiscono dalla società agricola Le Foppelle -. Negli ultimi anni i cinghiali sono aumentati notevolmente e non si fanno problemi ad arrivare a pochi metri dalle abitazioni».
«Gli agricoltori sono veri e propri ostaggi dei cinghiali – conclude Drigo -, sia per quanto riguarda i raccolti distrutti, sia per quanto riguarda la loro incolumità. Servono urgentemente misure concrete e risolutive prima che la situazione sfugga di mano e si arrivi a un punto di non ritorno. Rimpallarsi le responsabilità non serve, chiediamo uno sforzo congiunto di tutti i soggetti interessati affinché si arrivi a una reale soluzione del problema».