Cipro, i quarant'anni dell'ultimo muro d'Europa
Sono passati 40 anni da quel 20 luglio 1974 quando l’esercito turco invase l’isola di Cipro dove, 5 giorni prima, un gruppo di estremisti supportati dai colonnelli al potere in Grecia organizzò un tentativo di golpe sull'isola. Da quel giorno Cipro è divisa, la parte nord è sotto occupazione militare turca, e nel 1983 diventa la Repubblica di Cipro del nord, ad oggi riconosciuta solo da Ankara. La parte sud si chiama Repubblica di Cipro, è riconosciuta internazionalmente e fa parte dell’unione europea. La questione di Cipro e della sua unificazione è uno degli ostacoli per l’ingresso della Turchia nell’Ue. Lo scorso maggio una storica sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato la Turchia a risarcire i familiari delle vittime greco-cipriote con 90 milioni di euro. Nicosia, la capitale, è ancora oggi divisa da un muro, l’ultimo d’Europa.
La storia. Per capire i motivi di quattro decenni di sofferenza è bene ricapitolare quanto accadde nell’estate 1974 e perché si arrivò a un luglio politicamente tanto caldo. Da sempre ambita per la sua posizione dalle potenze straniere, gli ultimi a colonizzare Cipro furono gli inglesi, che la consacrarono nel 1925 provincia della Corona. Il violento contrasto tra la popolazione greco-cipriota e turco-cipriota, le due etnie presenti sull’isola, si tratteggiò proprio dai primi anni del dominio britannico. Mentre la parte greca, supportata dalla Chiesa ortodossa, rivendicava l'"enosis", cioè l'unione con la Grecia, la parte turca si opponeva a questi disegni. Nel 1950, forzata dal degenerare degli scontri, la Gran Bretagna propose una modifica alla costituzione cipriota. Gli estremisti greco-ciprioti non accettarono il tentativo di distensione e diedero vita ad una persistente guerriglia anti-britannica.
Con il precipitare degli eventi si giunse alla dichiarazione di indipendenza di Cipro, nel 1960: l'arcivescovo greco Makarios III, definito da chi non lo amava il "Fidel Castro del Mediterraneo" per le sue simpatie filosovietiche, divenne presidente, e il turco Kürük, fu eletto vice. Le tensioni tra le comunità greco-cipriota e turco-cipriota non trovarono quiete nemmeno con il nuovo assetto politico. Scontri e violenze di piazza indussero le Nazioni Unite ad intervenire, inviando nel 1964 un contingente di pace con mandato semestrale sempre rinnovato. Con le scelte politiche di Makarios, improntate a un’ellenizzazione dell’isola, i turco-ciprioti diventano a tutti gli effetti cittadini di serie B.
Luglio 1974. Nel luglio 1974, su consiglio dei colonnelli al potere in Grecia, che erano sponsorizzati dagli Stati Uniti e dalla Cia e quindi poco inclini ad accettare le simpatie filosovietiche di Makarios, gli estremisti greci organizzarono un golpe. Le truppe di Ankara invasero il Nord del Paese per proteggere la minoranza turca. Più di 40.000 soldati turchi sbarcarono in due ondate, il 20 luglio e il 14 agosto, e occuparono il 38% del territorio nella parte settentrionale dell'isola. Alla fine di quell'estate, un terzo della popolazione greca di Cipro, più di 180 mila persone, dovette abbandonare le loro case e stabilirsi con la forza a sud. Allo stesso modo, 40 mila turco-ciprioti furono deportati nel nord occupato dalle truppe di Ankara. Morirono circa 7.000 persone. Tra gli scontri etnici del 1963-1964 e l'invasione turca dell'estate 1974, scomparvero circa 1.700 greco-ciprioti e 502 turco-ciprioti. Dei primi, 404 salme sono state ritrovate e identificate grazie agli esami del Dna condotti da un'apposita Commissione per gli scomparsi. Dei secondi, invece, ne sono state finora identificate 125.
Oggi. I negoziati tra le parti, condotti da quasi 40 anni sotto l'egida dell'Onu, più volte avviati ed interrotti, non hanno avuto sino ad oggi alcun esito. Lo scorso febbraio sono ripresi dietro la spinta di Washington. L’ultimo tentativo di porre fine alla disputa che da oltre mezzo secolo sta minando la pace e la stabilità dell’isola risale al 2004, con il cosiddetto piano Annan, rigettato tramite un referendum dai turco-ciprioti. Alla vigilia delle elezioni turche del prossimo agosto quella dei negoziati è una sfida da non sottovalutare. Da lì passa il futuro europeo di tutta l’isola e la possibilità di abbattere l’ultimo muro d’Europa.