Finora c'era solo Pepsi

Gaza, la prima fabbrica di Coca Cola

Gaza, la prima fabbrica di Coca Cola
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Quando lo scorso dicembre era uscita la notizia dell’autorizzazione da parte di Israele, si era detto che sarebbe stata solo questione di tempo. Così, oggi, la fabbrica della Coca Cola a Gaza sta per diventare una realtà: sono infatti cominciati i lavori per costruire il primo stabilimento del colosso americano del beverage nella Striscia palestinese. Tempo sei mesi e la Coca Cola sarà prodotta e venduta normalmente anche qui. Finora c’era solo la Pepsi, prodotta in loco dal 1997, mentre la rivale di mercato era merce rara, che arrivava da Ramallah, dove c’è l’atro stabilimento palestinese della bibita. Ma con i valichi di frontiera controllati da Israele spesso chiusi per le vicende politiche, era difficile trovarla.

ISRAELE INTENSIFICA L'OFFENSIVA, BAGNO DI SANGUE A SAJAYA
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Two Palestinian girls run past a destroyed ambulance car as they flee their homes during a brief period of ceasefire requested by local rescue forces to retrieve dead and wounded from the Shuja'iyya neighbourhood, in east Gaza City, 20 July 2014. According to news sources over 50 people died in Shuja'iyya during heavy shelling by the Israeli army. ANSA/OLIVER WEIKEN

Airstrikes on Gaza
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epaselect epa04329381 Palestinians inspect the rubble of a destroyed house after Israeli airstrikes in Al Tufah neighbourhood in eastern Gaza City, 24 July 2014. Palestinians say there are fewer and fewer safe places in Gaza to take shelter. The UN deems 44 per cent of the enclave to be unsafe for civilians. Dozens of Palestinians were killed 24 July on a bloody 17th day of an Israeli offensive in the Gaza Strip, officials said, as mediators tried to broker a five-day humanitarian truce. EPA/MOHAMMED SABER

Destroyed_Gaza_cars
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gaza ansa
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Israeli attacks on Gaza continue
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epa04312086 Smoke rises after Israeli artillery fired shells at the industrial area of Karni, in the East of Gaza City, 12 July 2014. Israel's aerial bombardment of Gaza continued for a fifth day on 12 July with a strike on a mosque said to be concealing a weapons cache one of the dozens of targets bombed, as the death toll in the coastal strip rose to 122. As Israel faced growing criticism over the number of people killed in the densly populated enclave, military spokesman Moti Almoz insisted the military was trying 'diligently' to avoid civilian casualties. EPA/MOHAMMED SABER

Mideast Gaza One Year Later
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FILE - In this July 30, 2014 file photo, Palestinians carry injured people to ambulances following Israeli airstrikes in the Shijaiyah neighborhood of Gaza City. The Israeli strike along the border with Israel, came at the height of the fighting and was one of the deadliest single incidents during the entire conflict. Because of the heavy casualty toll, Israel’s Military Advocate General launched an investigation into the Shijaiyah incident. The probe cleared the military personnel of any wrongdoing, finding no evidence of criminal misconduct. (AP Photo/Adel Hana, File)

Mideast Gaza One Year Later
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FILE - In this July 30, 2014 file photo, an injured Palestinian man lays on the ground among other injured and dead people after an Israeli strike in the Shijaiyah neighborhood of Gaza City. The Israeli strike along the border with Israel, came at the height of the fighting and was one of the deadliest single incidents during the entire conflict. Because of the heavy casualty toll, Israel’s Military Advocate General launched an investigation into the Shijaiyah incident. The probe cleared the military personnel of any wrongdoing, finding no evidence of criminal misconduct. (AP Photo/Adel Hana, File)

Mideast Israel Palestinians Gaza War
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FILE - In this July 22, 2014 file photo, smoke and debris from an Israeli strike rises over Gaza City, as Israeli airstrikes pummeled a wide range of locations along the coastal area and diplomatic efforts intensified to end the war. A much-awaited United Nations report into the 2014 Gaza war released Monday, June 22, 2015, found that both Israel and Palestinian militant groups may have committed war crimes during the conflict. (AP Photo/Hatem Moussa, File)

Il luogo dove sorgerà la fabbrica. La fabbrica sorgerà a Karni, la zona industriale di Gaza, e quest’area era stata individuata dopo che il Coordinatore delle attività di governo dell’IDF, le forze di difesa israeliane, aveva dato il suo benestare all’ingresso nella Striscia dei materiali, scrupolosamente controllati. Karni è un luogo vicino all’omonimo valico di frontiera a nord della Striscia costruito sul lato israeliano nel 1993 e chiuso nel 2011. La riapertura del gate non è ancora prevista, sebbene questo fosse il valico commerciale tra Israele e la Striscia di Gaza più grande, da cui passava tutta la merce che entrava nei territori palestinesi prima di essere dirottata verso quello di Kerem Shalom. Anche per la Coca Cola le merci da lavorare, provenienti dalla Giordania, entreranno a Gaza dal valico di Kerem Shalom. La costruzione della fabbrica è già cominciata e procede a buon ritmo, in modo da poter essere operativa il prossimo mese di ottobre.

Boccata d’ossigeno per l’economia locale. Dopo la guerra su Gaza dello scorso anno, quando il mondo cominciava a parlare di aiuti per la ricostruzione che a oggi non sono ancora arrivati, un imprenditore palestinese aveva ottenuto l’autorizzazione dal Cogat per fare in modo che l’economia della zona iniziasse un lento processo di rinascita. Si stima che con l’apertura della fabbrica, tra stabilimento e indotto, arriveranno a lavorare circa 3mila persone. Che se si sommano a quanti lavoreranno per la costruzione dello stabilimento rappresentano una vera boccata di ossigeno per la martoriata Striscia.

Chi è l’imprenditore che ha portato la Coca Cola a Gaza. Zahi Khouri, l’imprenditore che ha ottenuto l’ok da Israele per l’apertura della fabbrica a Gaza, è un palestinese che detiene i diritti di vendita della Coca Cola in tutta la Cisgiordania. L’idea gli frullava in testa già da qualche anno, ma non era mai riuscito a ottenere i permessi necessari. Khouri è originario di Jaffa, ha 70 anni e quando ne aveva 19 andò in Germania come rifugiato palestinese dal Libano. Con appena 200 dollari in tasca, il giovane diede il via a una serie di fortunate iniziative imprenditoriali, ricoprendo ruoli dirigenziali in Arabia Saudita e negli Stati Uniti, prima di creare una fabbrica di imbottigliamento di Coca Cola nella sua patria a metà degli anni Novanta. A convincere Israele a dare l’ok è stato proprio Khouri, che ha assicurato che le tasse della nuova impresa andranno direttamente nelle casse dell’Autorità nazionale palestinese, senza passare da Hamas. Per aprire la fabbrica è stato necessario un investimento da 20 milioni di dollari, sborsati dal gigante americano del beverage.

Un prodotto controverso. La Coca Cola, per il suo sostegno a Israele, è sempre stata al centro delle campagne di boicottaggio, sia da parte dei palestinesi, sia dei tanti attivisti che puntano a ostacolare i prodotti direttamente o indirettamente riconducibili a Tel Aviv. Ma adesso, con la drammatica situazione economica, i gazawi non hanno molta scelta e vedono di buon grado l’investimento, che potrebbe rappresentare un punto di ripartenza. Anche perché la Coca Cola ha annunciato che avvierà pure programmi di sostegno sociale nella Striscia.

APTOPIX Mideast Palestinians Eid Al Fitr
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Palestinians Sajeda Areir, 8, left, her sister Farah,7, center, and their brother Mohammed pose for a photograph as they dressed up to celebrate the first day of Eid al-Fitr in the Shijaiyeh neighborhood of Gaza City, Friday, July 17, 2015. (AP Photo/Khalil Hamra)

Mideast Palestinians Ramadan
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Palestinians buy sweets for the upcoming Eid al-Fitr holiday to mark the end of the holy fasting month of Ramadan in Gaza City in the northern Gaza Strip on Thursday, July 16, 2015. (AP Photo/Adel Hana)

Mideast Palestinians Ramadan
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Palestinians buy fish at the main market for the upcoming Eid al-Fitr holiday to mark the end of the holy fasting month of Ramadan in Gaza City in the northern Gaza Strip on Thursday, July 16, 2015. (AP Photo/Adel Hana)

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Palestinian women shop at the main market for the upcoming Eid al-Fitr holiday to mark the end of the holy fasting month of Ramadan in Gaza City in the northern Gaza Strip on Thursday, July 16, 2015. (AP Photo/Adel Hana)

La situazione a Gaza. E il sostegno sociale è più che mai necessario a un anno dalla guerra che ha devastato un popolo e i suoi edifici. Fu il terzo conflitto in sei anni tra israeliani e palestinesi nella striscia di Gaza, e provocò numeri spaventosi in poche settimane di combattimenti: 2.251 palestinesi uccisi, di cui 551 bambini, 10 mila feriti, 100mila senza tetto. Dall'altra parte, 73 israeliani morti, 67 dei quali militari. Sono le cifre forniti dall'Unrwa, l'agenzia Onu che si occupa dei profughi palestinesi, secondo la quale qui la situazione è ben lontana dal ritorno alla normalità. Nessuna delle oltre 12mila case distrutte è stata ricostruita. Lo stesso vale per le fabbriche rase al suolo, che hanno generato un tasso di disoccupazione del 40 percento, tra i più alti al mondo. Tra gli under 25, 2 su 3 non hanno un lavoro, e l'80 percento della popolazione dipende dagli aiuti umanitari per la propria sopravvivenza.

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