Il referendum il 18 settembre

Come cambierà la Scozia (se sceglierà l'indipendenza)

Come cambierà la Scozia (se sceglierà l'indipendenza)
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Mancano ormai pochi giorni al referendum scozzese del 18 settembre e i sondaggi informano che il partito dei favorevoli alla scissione è in vantaggio del 51 percento. Comunque vadano le votazioni, il dato riveste una grande importanza: è la prima volta che accade, da quando la Scozia è stata unita alla Gran Bretagna, nel 1603. Lo spostamento dell’elettorato laburista, deluso dal Alistair Darling, ex ministro del Tesoro e campione del partito dei ‘no’, avrebbe favorito la rimonta degli scissionisti. Il governo britannico, che forse incomincia ad avere qualche timore, si è affrettato ad annunciare sgravi fiscali, nel caso in cui la Scozia decidesse di restare all’interno del Regno Unito. Intanto, si sono diffuse congetture su come potrà cambiare la vita della regione, se dovesse diventare uno Stato indipendente. A subire le trasformazioni più profonde saranno il settore economico e il comparto militare.

La moneta. Nel caso in cui dovessero vincere i separatisti, la Scozia chiederà alla Gran Bretagna di continuare ad usare la sterlina. Se ciò non fosse possibile, il Scottish National Party ha già elaborato tre possibilità. La prima via, la più immediata, sarebbe la sterlizzazione, cioè l’uso della sterlina senza l’unione monetaria con Londra – un po’ quello che accade a Panama, che paga in dollari, pur non essendo in unione monetaria con Washington. La seconda consisterebbe invece nell’adozione dell’euro, ma in questo caso la Scozia indipendente dovrebbe aspettare di entrare nell’Unione Europea. Un terzo scenario si aprirebbe qualora lo Stato decida di fondare una propria Banca Centrale e di coniare una moneta scozzese.

L’Unione Europea. È difficile, dicono gli esperti, che l’Unione Europea accetti l’ingresso della Scozia da Stato indipendente. Come è già accaduto con il Kosovo, la Spagna e il Belgio si opporrebbero, perché un’eventuale ingresso della Scozia potrebbe alimentare le spinte separatiste della Catalogna e delle Fiandre. Se invece, in virtù dei legami con il resto del Regno Unito, l’Unione Europea dovesse prendere in considerazione la candidatura scozzese, è probabile che l’ipotetico nuovo Stato dovrà attendere per un bel po’ di tempo.

L’Independence Day. Alex Salmond, primo ministro e leader dello Scottish National Party, è convinto che, se dovesse vincere il partito dei sì, il periodo di trattative legali con l’Inghilterra si protrarrà soltanto per due anni, fino al 26 marzo 2016, che è anche il giorno del 413esimo anniversario dell’unione tra Scozia e Inghilterra. Sono in molti a pensare che la sua sia una stima fin troppo ottimistica e che sia assai più probabile che il 26 marzo 2016 Londra e Edinburgo possano giungere a un primo accordo, che dovrà essere tuttavia definito nei mesi successivi.

Il petrolio. Alla Scozia resterà lo sfruttamento delle risorse petrolifere nel Mare del Nord. Salmond ha già annunciato che, se dovesse vincere il referendum, istituirà un Fondo sovrano, in cui verranno raccolti gli introiti provenienti dalle attività estrattive. Ci sarebbero ancora 1500 miliardi di sterline di gas e petrolio da estrarre, che comporterebbero entrate fiscali pari a 57 miliardi di sterline.

Il debito pubblico. La Scozia non intende farsi carico del debito pubblico britannico. Se andrà incontro a una fase di trattative con l’Inghilterra, il Ministero del Tesoro di Londra ha già promesso che si prenderà in carico l’intero ammontare del debito, pari a 1200 miliardi. È probabile che alla Scozia sovrana venga assegnato l’ 8,4% del debito (111 miliardi di sterline), dal momento che la popolazione scozzese è pari all’8,4 percento dell’intera popolazione britannica.

Scozia più ricca o più povera? La Scozia è una delle regioni più ricche della Gran Bretagna e il suo reddito pro capite è inferiore solo a quello di Londra e dintorni. Secondo molti, l’indipendenza porterà persino più ricchezza, grazie all’esclusiva sull’estrazione petrolifera. Salmond ha annunciato che i proventi verrebbero investiti nell’ambito della sanità pubblica, nel sistema scolastico e nello Stato sociale.

L’esercito. La Scozia si opporrà al nucleare e all’uso dei sottomarini nucleari Trident. Se vincerà il partito per l’indipendenza, le armi atomiche britanniche verranno dismesse entro il 2020. La base nucleare di Faslane diventerebbe la nuova base della difesa scozzese. Verrebbero stanziati 2,5 miliardi di sterline, necessari per mantenere l’esercito, la Marina con due fregate, l’Aeronautica con 12 caccia Typhoone e sei aerei da trasporto. La Scozia chiederebbe inoltre di entrare nella NATO. 

A quanto pare, ci saranno solo vantaggi per la Scozia, nel caso in cui dovesse diventare indipendente. A Londra, ovviamente, le posizioni sono diametralmente opposte: affermano, ad esempio, che le risorse petrolifere del Mar del Nord sono in via di esaurimento e che, dunque, la Scozia diventerà più povera, senza l’Inghilterra e senza il sostegno della sterlina.

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