Perché la sospensione di Schengen mette a rischio l'idea di Europa

A Schengen le frontiere sino al 1996 erano un serio problema. Cittadina lussemburghese di 4mila abitanti era situata in un cuneo tra Francia e Germania. Per trovare la farmacia dovevano passare la dogana francese; per ospitare un amico in albergo invece si doveva andare in Germania, perché era lì l’hotel più vicino. Logico quindi che questo paesino venisse scelto per la firma di un trattato per la libera circolazione tra numerosi Paesi europei. La pima firma avvenne il 14 giugno 1985, con i leader a bordo di un barcone per gite fluviali (perché Schengen non offriva altre location degne per l’evento) che navigava sulla Mosella. Oggi nella cittadina c’è un piccolo museo che ricorda l’evento e ne ricostruisce la genesi. Una genesi rapida, maturata senza che i diretti interessati probabilmente avessero del tutto presente la portata della decisione.
L'origine, negli anni Ottanta. Infatti erano stati François Mitterrand e Helmut Kohl, grandi leader di Francia e Germania, ad avere l’idea di un aprire un varco simbolico tra i due Paesi per ricordare il carnaio della Prima Guerra Mondiale. Venne aperto il varco del ponte di Kehl, che a Strasburgo divideva Francia e Germania. L’anno successivo l’idea iniziò a prendere il largo: a Parigi e Berlino si unirono i tre Paesi del Benelux che già avevano aperto le frontiere tra di loro. Così in quel giugno del 1985 iniziò un percorso che si sarebbe concluso dieci anni dopo quando furono effettivamente levate le barre di confine: il 26 marzo 1995 caddero i controlli di frontiera tra quei cinque Paesi a cui si erano aggiunti Spagna e Portogallo.
L'ingresso dell'Italia. Per l’Italia l’ingresso nell’area Schengen avvenne sette mesi dopo, il 26 ottobre. Da allora è stata un allargamento continuo, con il solo rifiuto di Gran Bretagna e Irlanda (che però partecipano a Schengen per quanto riguarda la circolazione delle merci, mentre hanno mantenuto il controllo delle persone alle frontiere); in compenso, sono di Schengen Paesi che non hanno aderito all’Unione europea, come Islanda, Norvegia, Lichtenstein e soprattutto la Svizzera (che ha aderito nel 2008; ma, attenzione: per la Comunità Elvetica restano i controlli doganali sulle merci).
Il valore dell'accordo. Ad oggi Schengen, ancor più dell’euro, rappresenta concretamente l’idea di un continente unito. Per questo l’idea che possa essere limitato l’accordo (per far fronte alla pressione migratoria di questi ultimi mesi) è cosa che preoccupa tanti. E che verrebbe visto come naufragio del percorso di un’idea di continente senza barriere. I ministri degli Interni di questo parlano oggi a Bruxelles, con l’ipotesi messa sul tavolo di risolvere tutto, escludendo la Grecia dagli accordi, in modo da spostare i confini dell’Europa e togliere la gestione dei controlli dei nuovi arrivati ad Atene. Ma è evidente che una scelta come questa rappresenta l’inizio di uno sgretolamento dell’unione doganale. Altra ipotesi messa sul tavolo dai Paesi del nord Europa è la sospensione degli accordi per due anni, sino a che gli “hospot” immaginati dalla Merkel come postazioni di controllo nei Paesi di arrivo (quindi Grecia e Italia), non siano entrati a regime. Ma per l’Europa sarebbe una drammatica sconfessione di se stessa.