Il nuovo rapporto Ocse

Come va Bergamo? Bene, grazie (ma stavamo meglio prima)

Come va Bergamo? Bene, grazie (ma stavamo meglio prima)
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Come sta Bergamo? Abbastanza bene, grazie. Ma stava meglio prima. E se vorrà tornare a prosperare in futuro dovrà rimboccarsi le maniche. Lo dice l'Ocse, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, che ha appena finito di radiografare il sistema produttivo orobico su incarico della Camera di Commercio.

La diagnosi è chiara. Come 15 anni fa, quando gli esperti “visitarono” per la prima volta la nostra provincia, il punto di forza resta l'industria manifatturiera, che rappresenta ancora il 35 percento dell'intera economia locale. Ma negli ultimi anni il settore non è cresciuto abbastanza. Basta dare un'occhiata alla curva della produttività per rendersene conto: piatta, dal 2000 a oggi. I grafici delle altre regioni europee concorrenti invece si sono impennati, fino ad annullare lo svantaggio che avevano nei nostri confronti. Ne hanno risentito i posti di lavoro, con un tasso di disoccupazione triplicato rispetto al 2004. E tra i giovani il 25 percento non trova un impiego.

 

 

Negli ultimi anni gli stabilimenti si sono rinnovati, passando via via a settori e procedimenti più avanzati: sempre meno tessile, sempre più gomma, plastica e chimica. Ma ancora non basta. La concorrenza della grande produzione di massa ormai è fuori portata, anche per il basso costo della forza lavoro in paesi come la Cina. Per ritagliarsi una nicchia nel mercato globale occorre specializzarsi e cavare dal cilindro idee che gli altri non hanno.

Per essere creativi, però, occorre possedere le giuste conoscenze. Bisogna studiare e aggiornarsi, in altre parole. E qui l'Ocse ha toccato il tasto dolente: Bergamo deve investire di più su innovazione e formazione. L'indagine effettuata sul grado di preparazione della fascia d'età compresa tra i 16 e i 64 anni ha dato “risultati sconvolgenti”. Siamo ultimi nella classifica delle regioni studiate dall'organizzazione. Bisogna rinnovarsi, possibilmente in fretta. Occorre riqualificare i lavoratori che escono dal mercato con corsi mirati, approfonditi e stimolanti. Sarebbe bene anche, dice l'Ocse, creare una piattaforma dove trovare tutta l'offerta formativa. Un segnale è stato spedito anche alla politica: sveglia, i fondi europei ci sono, è ora di attingere al pozzo.

 

 

Anche il turismo può portare acqua al mulino: non solo in termini di visitatori, ma anche a livello di visibilità. Città Alta e dintorni possono fare da vetrina alle eccellenze economiche del territorio. Tra cui, oltre all'industria, vanno messi anche i servizi. «Un settore in espansione vertiginosa» fa notare Tomas Ekberg, l'esperto venuto da Goteborg, che aggiunge come l'altro fattore chiave sia la capacità di fare rete. Per davvero però, non solo a parole. “Bisogna cambiare cultura, non solo nella propria azienda ma nell'intero sistema. Collaborare è fondamentale per promuovere il cambiamento”.

Un'evoluzione che però va guidata da una cabina di regia. Storia già sentita? In parte sì. Ma gli esperti suggeriscono che la forma, in questo caso, è la sostanza. «Serve un tavolo istituzionale, cui far sedere pubblico, privato ed università. Insieme questi attori dovranno individuare obiettivi a medio e lungo termine». Tra gli invitati c'è il sindaco Giorgio Gori, che accetta e rilancia: «Forse negli anni scorsi non si è fatto squadra come si doveva, soprattutto per migliorare la qualità del capitale umano. Serve una nuova governance del territorio: un impegno che non si può più rimandare. L'Ocse ci ha dato indicazioni chiare, sta a noi metterle in pratica».

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