la crisi

Commercio: richieste di concordato preventivo e gente senza stipendio

La fase 2 per molti sarà un tremendo shock. Alcuni gruppi del settore commerciale stanno accelerando le pratiche di chiusura.

Commercio: richieste di concordato preventivo e gente senza stipendio
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Scarpe&Scarpe che a Bergamo conta tre punti vendita con circa 40 dipendenti ha presentato istanza di concordato preventivo al tribunale fallimentare e da febbraio i lavoratori si ritrovano senza stipendio. Conbipel, che a Bergamo conta cinque punti vendita con un centinaio di dipendenti, ha accelerato le procedure di concordato preventivo. H&M ha comunicato che chiuderà sette punti vendita in tutta Italia, scelta necessaria per tutelare gli altri 142 dipendenti dei quali alcuni lavorano nei negozi di Bergamo e provincia. Questi sono solo alcuni degli esempi drammatici delle ricadute dell’emergenza Covid-19 sul settore del commercio e del terziario in generale. A oggi, nel terziario della provincia di Bergamo, sono quasi tremila le aziende che hanno richiesto l’utilizzo di ammortizzatori sociali.


Mario Colleoni, segretario generale della Filcams-Cgil di Bergamo sottolinea che «gli effetti della pandemia e del lockdown investono tutti, ma per diversi aspetti è davvero critica la situazione del settore del commercio e del terziario in generale, sia per i lavoratori impegnati ogni giorno a garantire i servizi essenziali delle pulizie della sanificazione degli ambienti, negli ospedali, nelle mense e in tutte quelle attività e strutture che non sono state soggetto al lockdown; sia per coloro che sono impegnati nella grande distribuzione con turni massacranti e in tutte quelle attività che hanno garantito la filiera alimentare e dei consumi di prima necessità. D’altra parte, la pandemia ha avuto un effetto drammatico su quei comparti completamente travolti dal lockdown, in primis la ristorazione, il turismo, le attività ricettive, le attività commerciali, con imprese ferme e lavoratori senza salario e con una grande incognita sul domani».

«La contrazione si sta rivelando particolarmente violenta per il settore del turismo e per la filiera ad esso collegato, che ha subìto i contraccolpi più immediati ed evidenti. Ma accanto al turismo, sono il commercio e i servizi a rischiare le ricadute più importanti se non ci saranno interventi sistemici adeguati - prosegue Colleoni -. L’andamento di questi settori è legato a doppio filo al potere d’acquisto dei cittadini. La sopravvivenza di tante realtà commerciali sarà condizionata dalla contrazione dei consumi interni, così come dalle paure. Quando parliamo di turismo dobbiamo ricordarci che vale oltre il 13% del Pil nazionale e che anche sul nostro territorio ha un ruolo economico e sociale molto rilevante. Sarà inevitabile capire come sostenere il lavoro di questo settore particolarmente a rischio, considerando che a oggi il 70 percento dei cittadini ritiene che ci vorrà ancora un anno prima di poter ripartire con tranquillità verso le varie mete turistiche. Così come nel settore dell’abbigliamento le proiezioni sostengono che il fatturato a fine anno segnerà un meno 30 percento con possibili ricadute occupazionali importanti, ricordiamo che solo a Bergamo e provincia sono più di 3.000 le persone che lavorano in questo settore. È inevitabile chiedersi come sostenere questi lavoratori e creare per loro opportunità».

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