Per non essere corrosivi

Consiglio spensierato ai gay: si combatte anche col sorriso

Consiglio spensierato ai gay: si combatte anche col sorriso
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Per dire che siamo un po’ stufi del fatto che ogni giorno qualcuno si prenda la briga di manifestare al mondo il proprio orientamento sessuale - per non si sa quale ragione, forse per via di certe statistiche sbagliate, detto - «alternativo», ci permettiamo un riferimento letterario. Non prima, tuttavia, di aver avanzato qualche perplessità circa la posizione che tenderebbe a ritenere il succitato orientamento sessuale un fatto privato. Perché infatti, se fosse davvero privato, sarebbero così tanti a  volerlo rendere pubblico? Fine della perplessità. Torniamo alla letteratura.

«Che cos’è un ebreo corrosivo?» si domanda l’ebreo Moni Ovadia a pagina 38 di Perché no?, (sottotitolo: L’ebreo corrosivo) immenso libretto negli asSaggi Bompiani. Risposta: «Un ebreo corrosivo è un ebreo che arriva in uno sperduto villaggio della Transcaucasia dove non hanno mai visto un ebreo; non sanno che cos’è il giudaismo. Questo villaggio ha duemila abitanti, e l’anno dopo il suo arrivo ci sono duemila antisemiti».

«Che cosa manca davvero ai gay?», potrebbe analogamente domandarsi qualcuno che li osservasse da vicino con animo ben disposto nei loro confronti. Con “gay” alludendo - ovviamente - a tutto il genere annesso, cioè i famosi LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender). E con “ben disposto” significando che al suddetto osservatore il fatto che un altro sia gay non importa un fico secco, né più né meno di quanto importi a sé medesimo svegliarsi ogni mattina consapevole della propria eterosessualità ereditaria o di una forma parallela della medesima, qualunque essa sia.

 

 

Risposta: «Ai gay, gli manca un Moni Ovadia», ossia uno che, dall’interno, da gay, li aiutasse a prendersi un po’ in giro. Perché la questione è sempre la medesima: l’umorismo. L’umorismo come Weltanschauung, come atteggiamento sintetico a priori nei confronti del mondo. Senza il quale umorismo, come sosteneva Socrate (che rientrerebbe nella categoria B dell’acronimo) uno difficilmente riesce a conoscere se stesso. Anzi: non ci riesce proprio. Fra parentesi: non c’è scritta da nessuna parte questa cosa dell’umorismo socratico, ma volendo dire una cosa importante bisognerà pur citare qualcuno che faccia da testimonial. E meglio ancora se si tratta di un martire. Comunque, Socrate o non Socrate, fin che uno non è in grado di sorridere della propria condizione, difficilmente si troverà bene con se stesso ed altrui. Il primo segnale di una depressione incipiente è la perdita della capacità di attivare la muscolatura del sorriso. Sinapsi disattive.

Prendete la Boldrini: perché sta così antipatica a tutti, lei che pure avrà trovato qualcuno (e se l’è pure portato in aereo, pare) cui non dispiace? Perché - almeno in televisione - sembra ignorare del tutto la santa virtù dell’autoironia. Ha introiettato la maestrina che c’era in lei e non ha più saputo liberarsene. E dunque, lobby dei gay e degli LGBT che state rattristando il mondo coi vostri proclami e le vostre rivendicazioni di diritti da San Francisco a Mikonos, dall’uno all’altro mar: dateci un attimo di tregua. Sorridete con noi, o almeno con quelli di noi - vecchi etero chiusi negli oscuri orizzonti squarciati soltanto dal luminoso e fugace apparire di un soggetto di sesso diverso dal nostro - che non abbiamo proprio niente - ma niente di niente - contro di voi. E cercate di capirci, se potete.

Avete sofferto tanto nel corso dei secoli, lo sappiamo. Avete avuto la vostra Shoah. State soffrendo ancora, anche se solo ufficialmente (perché in realtà dall’Afghanistan alla Palestina passando per il tenebroso Iran l’omosessualità trionfa più dell’IS, lo sapete perfettamente. Per non parlare della vecchia Europa e di certa sua isola settentrionale). Ma dovreste anche ricordarvi di aver goduto, sempre sotto traccia, di immensi privilegi, a partire - se vogliamo dimenticare la Grecia - almeno dai tempi dell’imperatore Adriano e del suo amico e vostro fratello, il bellisssimo Antinoo, delle cui statue era disseminato l’impero e al quale un’altra del vostro gruppo, Marguerite Yourcenar l’inarrivabile, ha dedicato pagine memorabili. Ricorderete almeno - nelle Memorie di Adriano - la chiusa del secondo capitolo della sezione Disciplina Augusta: quella in cui, quasi a giustificazione per aver accecato con una penna, in un momento d’ira, un suo segretario, l’imperatore annota: «Lo tengo tuttora in servizio: la sua presenza mi serve di ammonimento, forse di castigo. Non avevo desiderato accecare quel disgraziato. Ma non avevo desiderato neppure che un fanciullo che m’amava morisse a vent’anni».

Antinoo al fondo di ogni pensiero. Antinoo al fondo di ogni ira nei confronti del destino che glielo aveva portato via. Chi mai può aver qualcosa da ridire su un amore così? (Il cecato, direte voi). Però, amici, quando uno legge una pagina come questa: Diritti LGBT nel mondo, se non trova nessuno di voi con cui riderci su, come fa a non scuotere il capo quando vi vede passare? Prendiamo un paragrafo come questo:

«Antica India. Nei testi indù e vedici ci sono molte descrizioni di santi, semidei, e anche il Signore Supremo che trascendono le norme di genere e manifestano molteplici combinazioni di sesso e genere. Il Kamasutra, [...] parla dei sentimenti rivolti a persone dello stesso sesso. I transessuali sono anche venerati, ad esempio Vishnu in sembiante dell'affascinante Mohini ed il Signore Shiva come Ardhanarishvara (che significa "per metà donna")». Muhini ci mancava proprio: come abbiam fatto a vivere senza di lui fino ad ora? O anche un altro: più sotto.

«Congo. Sir Edward Evan Evans-Pritchard ha registrato che negli ultimi maschi Zande guerrieri del nord Congo regolarmente assumevano giovani amanti maschi di età compresa tra i dodici e i venti anni, che inoltre contribuivano con le faccende domestiche e partecipavano a incontri di sesso intercrurale con i loro mariti più anziani. La pratica era però oramai morta dal XX secolo, dopo che gli europei avevano preso il controllo dei paesi africani, ma è stato raccontato ad Evans-Pritchard dagli anziani con i quali parlava».

Se uno pensa di poter giustificare la propria presenza nel mondo richiamandosi a Shiva Ardhanarishvara o a Sir Edward Evan Evans-Pritchard che andava a chiedere - a suo rischio e pericolo - ai vecchi guerrieri Zande quali fossero le loro abitudini sessuali al tempo della gioventù, beh, scusate, non sa ridere di sé. E dunque: che si dia pure a rivendicare i propri diritti richiamandosi alle pratiche in auge in Papua Nuova Guinea (vedi lo stesso articolo), ma poi non si adonti se i suoi interlocutori si mettono a ridere.

Assomiglia, chi non sa ridere di sé, a quelle serissime e volonterose ragazze di CL che non si fanno né in qua né in là - o addirittura se la prendono a male - se qualcuno fa loro notare che quello che loro ritengono un lodevole e meritevole tentativo (insegnare come si recita il rosario alle vecchiette che lo recitano da generazioni ogni sera nel Santuario di Caravaggio), primo: non è né lodevole né meritevole. Secondo: le annovera di diritto fra le auditrici ufficiali - senza diritto di voto - del Congresso Interreligioso promosso ogni anno dagli Ebrei Corrosivi. Non dagli Ebrei, sia chiaro: solo da quelli corrosivi della Transcaucasia.

Ditelo dunque ai vostri amici in odore di offesa facile: la gente - in genere; poi ci sono i soliti buzzurri, e questi non hanno scusanti - la gente, si diceva, in genere, non ce l’ha affatto con gli LGBT più di quanto non ce l’abbia coi propri correligionari. Ce l’ha coi corrosivi della vostra compagnia come delle altre, compresa la propria. Ma perché sono corrosivi, e per nessun’altra ragione. Cheese.

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