Cos'è il contratto a tutele crescenti e che fine farà l'articolo 18
Mercoledì 17 settembre il Governo ha depositato in commissione Senato un emendamento al Disegno di Legge delega sul lavoro. L’obiettivo è quello di far diventare il “contratto a tutele crescenti” la forma principale di inserimento nel mondo del lavoro e, contemporaneamente, di estendere le garanzie a tutte le categorie di lavoratori. Cerchiamo di capire di cosa si tratta.
Il contratto a tutele crescenti. Originariamente sono stati due economisti, Tito Boeri e Pietro Garibaldi, a parlare in Italia di “contratto unico a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio”. Dalla dottrina si è passati alla pratica e l’idea è diventata proposta di legge nel 2010. La proposta è stata poi ripresa dal senatore Pietro Ichino (Scelta Civica) e, oggi, è diventata uno dei pilastri della riforma renziana del lavoro.
In sostanza, si tratta di un contratto a tempo indeterminato in cui il lavoratore non ha immediatamente diritto alle tutele garantite dagli attuali contratti stabili ma le otterrà gradualmente nel tempo. In altre parole, è un contratto a tempo indeterminato regolato in modo meno rigido, con una garanzia di stabilità minima all'inizio del rapporto e via via crescente con il crescere dell'anzianità di servizio della persona interessata.
Che fine farà l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori? Ad oggi, l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori (Legge n. 300 del 1970) si applica solo alle aziende al di sopra dei 15 dipendenti e prevede un sistema alternativo fra reintegro ed indennizzo in caso di licenziamento illegittimo. Solo in caso di licenziamento discriminatorio o manifestamente infondato, infatti, il datore di lavoro è obbligato a reintegrare il lavoratore e a corrispondergli un risarcimento. Negli altri casi, invece, ovvero quando il licenziamento disciplinare (per giusta causa o giustificato motivo soggettivo) e il licenziamento economico (per giustificato motivo oggettivo) sono illegittimi, è il giudice a decidere se applicare al datore di lavoro la sanzione della reintegrazione con risarcimento o il pagamento di un’indennità risarcitoria. In molti ritengono, dunque, che la proposta di introduzione del contratto a tutele crescenti miri proprio al definitivo superamento dell’articolo 18 dello Statuto.
Ad onor del vero, però, l’emendamento presentato dal Governo non fa esplicito riferimento a tale norma, lasciando aperte diverse interpretazioni. Secondo alcuni, infatti, la riforma significherà la completa sostituzione, per i nuovi assunti, della sanzione del reintegro in caso di licenziamento illegittimo con un indennizzo economico commisurato all’anzianità di servizio (il reintegro resterebbe in piedi solo per il licenziamento discriminatorio). Per altri, invece, potrebbe significare l’acquisizione del diritto al reintegro dopo alcuni anni di lavoro o, ancora, che il reintegro (sul modello tedesco) possa essere solo una possibilità e non un obbligo per il giudice che dovesse considerare illegittimo il licenziamento.
Fuor di congetture, la questione è rimandata. Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha, infatti, dichiarato che «sarà solo con i decreti delegati (gli atti normativi del Governo attuativi della Legge Delega ora in fase di discussione parlamentare) che si prenderà una decisione sull’articolo 18».
Le altre novità. L’emendamento interviene anche sulla revisione della disciplina del “demansionamento” (art. 13 Statuto dei Lavoratori), disciplinando la possibilità per un’azienda in crisi o in difficoltà, che si ristruttura e che cambia le tecnologie, di modificare le mansioni dei propri dipendenti, sempre nel rispetto dei diritti del lavoratore. È prevista, inoltre, una revisione dei controlli a distanza, al momento vietati dall’art. 4 dello Statuto e l’introduzione del compenso orario minimo non solo per i lavoratori dipendenti ma anche per i co.co.co.
Il “Progetto Renzi”. Come detto, le condizioni e le sfumature effettive della nuova disciplina del lavoro prenderanno forma solo con i decreti attuativi della Legge Delega ora in discussione. Punto fermo è pero la volontà del Presidente Renzi di superare l’ingiusto dualismo fra “lavoratori di serie A e lavoratori di serie B”. Il progetto è quello di estendere l’indennizzo per il licenziamento illegittimo e le garanzie su maternità, ferie, malattia e cassaintegrazione a tutte le categorie di lavoratori, non solo a quelli con contratto a tempo indeterminato o a quelli che lavorano in aziende al di sopra dei 15 dipendenti. «Meno rigidità e più garanzie», questo il monito del premier, sulla scorta del modello danese della “flexsecurity” che prevede appunto flessibilità del posto del lavoro combinata a più tutele per i lavoratori.