dalla sua biografia

Ecco cosa fece Edwin Aldrin prima di scendere sulla luna

Ecco cosa fece Edwin Aldrin prima di scendere sulla luna
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«A quel tempo non seppi pensare a null’altro di più significativo per celebrare l’enormità dell’esperienza dell’Apollo 11 che rendere grazie a Dio». Così nel libro di memorie scritto a quattro mani con Ken Abraham, Edwin Aldrin spiegò la scelta di portare un’ostia consacrata sulla Luna e di fare la Comunione un momento prima di scendere e camminare sul satellite. Aldrin, che oggi è sulla soglia dei 90 anni essendo nato nel 1930, allora era cristiano di fede presbiteriana. Quel 20 luglio, appena il modulo si era appoggiato sul suolo del satellite, estrasse un piccolo kit dalla sua dotazione privata e senza aggiungere nulla aveva fatto la Comunione in forma privata, bevendo da un piccolo calice tuttora in possesso della chiesa di Webster in Texas di cui è stato membro attivo. Come lui ha testimoniato era stato il pastore della sua parrocchia, Dean Woodruff, a concedergli una speciale dispensa per poter portare con sé l’eucaristia e comunicarsi da solo. La stessa parrocchia  ogni anno celebra ancora ogni anno una “Lunar Communion” nella domenica che cade più vicina al 20 luglio.

 

 

Erano tempi diversi e quindi non si levò sostanzialmente nessuna protesta per questo gesto “identitario”. Ma la Nasa si era comunque premunita concordando con Aldrin le parole che avrebbe pronunciate nella circostanza. L’astronauta infatti aveva chiesto di leggere un passaggio del Vangelo di Giovanni (“Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla») e invece venne invitato a scegliere un messaggio più laico. Così Aldrin quel giorno pronunciò altre parole che sarebbero entrate nella storia: «Qui è il pilota del modulo lunare: vorrei approfittare di questa opportunità per chiedere ad ogni persona che ci sta sentendo, chiunque essa sia e dovunque essa si trovi, di fermarsi un momento e di contemplare ciò che è successo nelle ultime ore». Poi a microfoni spenti fece la comunione e pronunciò una preghiera, come lui stesso ha raccontato nell’autobiografia: «Versai il vino nel calice che la nostra chiesa mi aveva consegnato. Con la gravità lunare, che è un sesto di quella terrestre, il vino si raccolse lentamente e con eleganza nella coppa». Dopo di che Neil Armstrong, comandante della missione, iniziò a scendere dagli scalini e a mettere piede sul suolo. Aldrin invece entrò in scena 19 minuti dopo e a lui si devono la maggior parte delle fotografie scattate lassù.

 

 

Dell’episodio lo stesso Aldrin non fece cenni per anni, poiché l’ente spaziale USA aveva ufficialmente proibito agli astronauti qualsiasi gesto, parola o richiamo alla religione durante le missioni. Nel Natale 1968 infatti era scoppiata una polemica, subito bloccata, perché gli astronauti dell’Apollo 8 avevano letto un brano dal Genesi mentre erano in orbita intorno alla Luna. In realtà, com’è ben noto, Paolo VI aveva affidato agli astronauti Neil Armstrong e Edward Aldrin una targa da portare sulla Luna. Su questa lamina d’oro era inciso il Salmo 8. Ecco il testo: «Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissate, che cosa è l'uomo perché te ne ricordi  e il figlio dell'uomo perché te ne curi? Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi».

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