La lotta tra morte e vita

Cosa si ricorda il Sabato Santo

Cosa si ricorda il Sabato Santo
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Oggi, sabato dopo il venerdì della croce, è peggio ancora perché non c’è più nemmeno il corpo di Cristo, la Parola di Dio agli uomini e la Parola con la quale gli uomini potevano (possono) rivolgersi a Dio. Nel giorno che celebra il riposo di Dio, il settimo giorno della creazione, Dio stesso pare esser tornato al nulla originario, al giorno prima che tutto iniziasse. L’uomo non può più raggiungerlo perché il corpo stesso delle parole - il loro suono, i loro significati - ha perso consistenza, è tornato nell’ombra, prigioniero della morte. Resta soltanto il vuoto strepito da talk-show universale.

Se il giorno prima si poteva ancora gridare: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?», cioè si poteva ancora formulare una domanda, usare il vocativo, oggi nemmeno quell’estremo segno di un rapporto che è l’interrogazione su un’incolmabile distanza apertasi come una voragine nella coscienza può aver luogo. Restano, quelle degli uomini, parole separate dalla loro origine, dal loro significato ultimo: il Tu dato a Dio. E, ad immagine di quello, ai propri simili.

Questo significa quel che diciamo nel Credo: che il Figlio discese agli inferi. Significa che tornò al deserto e al vuoto di prima che la luce e le tenebre fossero separate, alla condizione in cui l’uomo si trovò prima ancora di poter vedere la prima e precipitare nelle seconde. Che l’uomo tornò ad essere la terra che era prima che il soffio del Padre gli comunicasse la vita.

Il sabato del nulla - tra il grido sulla croce e l’alba della resurrezione - è la condizione in cui si trova l’uomo che, avendo sperimentato il rapporto col Padre e vivendo di quello - essendo in stato di grazia, come si dice -, avverte improvvisamente il vuoto dentro le parole che usa per rivolgersi a lui, l’abisso di una invocazione che invece di salire al cielo come il fumo del sacrificio di Abele, viene schiacciata a terra e si disperde come quando il vento sconclusionato del non senso assale da ogni lato la brace dell’anima costringendo il fumo a vagare smarrito. Il vento dello Spirito che alimenta la ricchezza della vita è per l’uomo del sabato l’improvvisa afonia da cui trova aggredito il proprio urlo come in un sogno incomprensibile, sfocato e muto.

 

 

Sarà per sempre? Niente affatto: in attesa che la creazione tutta si risvegli a vita nuova e definitiva, che la parola interrotta e smozzicata dei profeti si ritrovi intera e piena nella Parola stessa che essi hanno annunciato, cioè nel corpo del Figlio che, avendo assunto su di sé la carne dell’uomo, può adesso offrire in sé tutta l’umanità al Padre che l’ha pensata così da prima ancora che la creazione esistesse e che proprio in vista dell’umanità rigenerata dall’obbedienza del Figlio ha dato luogo alla creazione, proprio in attesa che tutto questo riaccada - perché è già accaduto - il Sabato Santo ci è dato.

Per ricordare, a tutti coloro che vivono nella carne o nello spirito l’esperienza amara dell’ombra della morte e del silenzio di Dio, che non sono e non saranno mai più per sempre quella morte e quel silenzio, che quella sofferenza non è data per la morte ma per la vita. La vita e la morte - recita la preghiera di domani - hanno combattuto l’estrema battaglia: chi comandava l’armata della vita ed era stato dato per morto ha infine vinto ed ora esercita il suo potere più vivo che mai. E per sempre.

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