10 morti e 15 feriti

Cosa si sa dell'attentato a Istanbul I dubbi sulla paternità dell'Isis

Cosa si sa dell'attentato a Istanbul I dubbi sulla paternità dell'Isis
Pubblicato:
Aggiornato:

Dubbi e nubi si addensano attorno all’attentato che ha sconvolto il cuore turistico di Istanbul, quello che attira visitatori da ogni parte del mondo per la visita alla Moschea Blu. Un boato scambiato per una scossa di terremoto in un primo momento, che ha provocato dieci morti e quindici feriti, dei quali cinque sono gravissimi. La pista Isis, che sembrava fin dal principio quella più accreditata, da più parti inizia a scricchiolare, e c’è chi avanza l’ipotesi che a colpire la frequentatissima piazza Sultanahmet, per mano di un kamikaze che si è fatto esplodere nei pressi dell’obelisco di Teodosio dove lì vicino c’era un autobus di turisti tedeschi e norvegesi, non sia stato lo Stato Islamico.

 

 

Nessuna rivendicazione. Finora di rivendicazioni non ne sono arrivate. Un sintomo, quello delle non rivendicazioni che secondo alcuni sarebbe una precisa tattica utilizzata dal Califfo e dai suoi accoliti per destabilizzare gli equilibri sociali interni. Non a caso, subito dopo l’esplosione il sito Middle East On Line ha sposato la pista che la responsabilità del gesto avrebbe dovuto essere cercata tra ii gruppi legati ai movimenti indipendentisti curdi. In particolare il Tak (i falchi della Liberta del Kurdistan) che dal 2003 conduce azioni autonome di attacco contro obiettivi turchi. Oppure ci potrebbe essere il Fronte Popolare Rivoluzionario di Liberazione, che già lo scorso marzo uccise, dopo averlo rapito, il procuratore turco Mehmet Selim Kiraz.

I dubbi. Ad avere dubbi sulla matrice jihadista c’è più di un osservatore. Li ha l’analista esperta di terrorismo e intelligence Germana Tappero Merlo, che a Linkiesta afferma: «Lo Stato Islamico in questo momento ha un bisogno disperato del supporto, o almeno della desistenza, di Ankara. È dalla Turchia che transitano gli uomini del Califfo per andare in Siria e per tornare in Europa. Se già prima era difficile, dopo un attentato del genere diverrà quasi impossibile», e aggiunge: «Se dovesse emergere una diretta responsabilità dello Stato Islamico in questa strage, potremmo essere alle soglie di una clamorosa inversione di rotta nella politica estera del governo turco». Le fa eco l’attivista siriano Ammar Waqqaf sul Sussidiario: «Per l’Isis quello del presidente Erdogan è il migliore governo possibile. Non si capisce quindi perché mai lo Stato Islamico avrebbe dovuto compiere un attentato nel centro di Istanbul».

????????????????????????
Foto 1 di 8

APTOPIX Turkey Explosion

????????????????
Foto 2 di 8

Turkey Explosion

????????????????
Foto 3 di 8

Turkey Explosion

????????????????
Foto 4 di 8

Turkey Explosion

????????????????
Foto 5 di 8

Turkey Explosion

????????????????
Foto 6 di 8

Turkey Explosion

????????????????
Foto 7 di 8

Turkey Explosion

????????????????
Foto 8 di 8

Turkey Explosion

Puzzle intricato. L’attentato di piazza Sultanahmet è l'ultimo episodio di sangue che ha interessato le strade turche negli ultimi dodici mesi. Anche perché il Paese è al centro di un confuso puzzle che vede una delicata problematica nazionale, l’irrisolta questione curda, che si somma e mischia a uno scenario internazionale, la questione Isis, di cui non è possibile prevedere l’evoluzione. Il risultato che ne deriva, quasi in maniera naturale, è la strategia della tensione alimentata dal terrore.

I primi arresti. Di certo si sa che questa mattina ad Antalya sono stati fermati tra cittadini russi, che si dice avrebbero legami con l’Isis e sarebbero collegati all’attentato nel cuore della vecchia Costantinopoli. Secondo l’agenzia di stampa statale Anadolu i tre sarebbero accusati di aver fornito supporto logistico ai jihadisti. Inoltre i servizi segreti turchi, nell’ultimo mese, avrebbero avvertito le forze di sicurezza sul rischio di possibili attentati a matrice islamista nel Paese, che avrebbero colpito obiettivi sensibili come i turisti, gli stranieri e le rappresentanze diplomatiche in Turchia dei Paesi Nato coinvolti nella guerra al Califfato.

 

 

L’autostrada della jihad. Da quel che si sa l’attentatore kamikaze, che in un primo momento si pensava fosse siriano, si chiamerebbe Nabil Fadli, 28 anni, e avrebbe origini saudite. Sarebbe giunto in Turchia passando dalla Siria, da quella che ormai viene definita l’autostrada della jihad. Questo è bastato alle autorità turche per dire che dietro all’attentato c’è la mano dell’Isis, forse per via dell’atteggiamento ambiguo che Ankara ha da sempre manifestato nei confronti dello Stato islamico. Va detto altresì che negli ultimi tempi le autorità di Ankara hanno impedito l’entrata nel paese di circa 3.500 aspiranti jihadisti diretti in Siria, ed hanno provveduto all’espulsione di 2.500 individui ritenuti vicini al radicalismo. Inoltre il fatto che siano stati uccisi nove cittadini tedeschi lascia supporre che, se fosse stato l’Isis a compiere l’attentato, si sia voluto colpire il principale partner della Turchia in termini politici e commerciali, la Germania di Angela Merkel, che è tra i più ferventi sostenitori dell’ingresso della Turchia nell’Unione Europea, a patto che si collabori in tema di gestione dei profughi.

Colpito ancora il turismo. Quel che è certo è che ancora una volta a essere colpito direttamente è il settore del turismo, che per i Paesi che hanno subito gli attentati è una delle principali voci delle varie economie nazionali. È stato così in Tunisia quando l'obbiettivo fu prima il museo del Bardo lo scorso 18 marzo 2015 e poi Susa con i suoi resort, ed è stato così per l’aereo russo esploso nei cieli del Sinai.

 

Seguici sui nostri canali