Che cosa è successo a Dallas

Centro di Dallas, Texas. Cinque agenti di polizia sono stati uccisi in una sparatoria intorno alle 21 di giovedì (le 4 del mattino di venerdì in Italia). Uno di loro, a voler essere precisi, era un agente di sicurezza del DART, il sistema di trasporto pubblico. E uno di loro è morto a seguito delle ferite riportate. Altri sette sono stati feriti, alcuni di spalle, insieme a due civili. Il capo della polizia della città ha descritto l’operazione come un’«imboscata», precisando che gli autori hanno sparato dall’alto, dal piano rialzato di un garage, per «uccidere quanti più agenti».
Gli arresti e le trattative in corso. Poco dopo l’inizio della sparatoria, sono intervenuti gli SWAT (unità speciali d’assalto). Quattro persone sono sospettate d’essere responsabili, tre sono state arrestate: una donna e due individui che stavano scappando su un’automobile. La quarta è stata uccisa dopo essersi rinchiusa in un garage multipiano. Prima di essere assassinata aveva detto di non voler trattare, annunciando che «la fine è vicina», e si era dichiarata pronta a uccidere ancora «quante più persone bianche possibile, soprattutto agenti di polizia». Minacciava anche di fare esplodere alcuni ordigni collocati nell’edificio e nel centro della città. È stata in seguito identificata come Micha X. Johnson, un ragazzo di 25 anni senza precendenti. Per ucciderlo la polizia ha usato dell'esplosivo trasportato da un robot. Un altro sospettato era stato fermato e poi rilasciato: portava con sé un fucile, ma in Texas non è reato girare per la strada armati.
La manifestazione. La sparatoria è avvenuta mentre si stava concludendo una manifestazione contro le violenze della polizia perpetrate ai danni di afroamericani, in particolare con riferimento a quelle degli ultimi giorni, in Louisiana e in Minnesota. 800 persone formavano il corteo, affiancate da un centinaio di agenti, mentre altre proteste si stavano tenendo in altre città degli Stati Uniti.
Obama, dalla Polonia, dove è in visita ufficiale, si è detto «inorridito» per quanto accaduto in Texas e ha aggiunto che tutta l’America dovrebbe essere preoccupata, dopo aver assistito troppe volte a simili tragedie. Ha poi ammesso che afro e latinoamericani ricevono un trattamento meno equo e che i neri e gli ispanici hanno il 30 percento in più di probabilità di essere fermati e controllati. «È un problema dell’America di cui ci dovremmo occupare. Possiamo essere meglio di così, siamo meglio di così».
L’uccisione di Alton Sterling. La prima morte degli ultimi giorni è quella di Alton Sterling, 37enne afroamericano che stava vendendo CD fuori da un negozio di alimentari a Baton Rouge, in Louisiana. Era padre di cinque figli (il maggiore aveva 15 anni) e aveva qualche piccolo precedente. È stato ucciso martedì 5 luglio da due poliziotti, Howie Lake e Blane Salamon, intervenuti su una segnalazione anonima al 911, in cui chi chiamava diceva di essere stato minacciato con una pistola da Sterling. Abdullah Muflahi, proprietario dell’alimentari, ha raccontato che gli agenti hanno immobilizzato l’uomo con un taser e poi gli hanno sparato sei volte (tre in piedi e tre a terra). Nel video diffuso pare invece che i colpi vengano sparati quando Sterling è già a terra.
Un altro video mostra uno dei poliziotti estrarre una pistola dalla tasca dei pantaloni dell’afroamericano, già immobilizzato per terra; cosa che trova conferma anche nelle dichiarazioni di Muflahi, che non ha visto Sterling estrarre la pistola. Muflahi ha poi rivelato di aver nascosto lo smartphone per timore che i due agenti glielo sequestrassero, anche perché – dichiarando di avere un mandato – si sono fatti consegnare le registrazioni delle telecamere a circuito chiuso. Il governatore della Louisiana ha intanto fatto sapere che le indagini sull’incidente verranno affidate alle autorità federali e non saranno condotte dalla polizia. Mentre Lake e Salamoni sono stati temporaneamente sospesi.
L’uccisione di Philando Castile. Il 7 luglio una donna, Lavish Reynolds, ha trasmesso in diretta Facebook i momenti successivi a quando un agente di polizia ha sparato al suo fidanzato Philando Castile. Il video si apre con Castile sanguinante nel sedile del passeggero, mentre la donna ripete più volte che Castile stava solo togliendo il suo portafogli per fornire regolarmente all’agente i documenti durante un normale controllo e che l’agente ha reagito sparandogli addosso. L’agente, visibilmente alterato, continua a puntare la pistola a Castile agonizzante e grida: «Gli avevo detto di tenere le mani aperte!», mentre lei gli ripete con calma: «Gli ha detto di mostrargli la carta d’identità, signore, e la sua patente» e poi afferma con calma che Castile aveva detto all’agente di avere con sé una pistola, ma detenuta con regolare porto d’armi. Lavish viene poi fatta scendere dall’auto e mettere in ginocchio per essere immobilizzata e perquisita da altri agenti.
Attenzione: il video contiene immagini forti.
La registrazione video si ferma e si oscura ma si sentono ancora le voci. Lei ripete più volte: «Gesù, ti prego, dimmi che non è morto» e aggiunge: «Avete sparato senza motivo. La sua carta d’identità, gli avete chiesto la sua patente. Non se lo merita. È un uomo buono, lavora per la scuola pubblica, non ha precedenti, non è mai stato in prigione, non è membro di una gang». L’agente dice più volte: «Fuck!». Casile è poi morto dopo l’arrivo dei soccorsi. Il governatore del Minnesota ha definito «totalmente inaccettabile» l’intervento violento della polizia, la scelta di non intervenire per cercare di salvarlo e il trattamento riservato a Lavish: «Bisogna fare giustizia, e giustizia sarà fatta. Sarebbe successa la stessa cosa se le persone a bordo, i passeggeri e quella alla guida, fossero stati bianchi? Non penso. Quindi sono costretto a fare i conti, e penso che tutti in Minnesota dovremmo farlo, con il fatto che questo tipo di razzismo esiste».