Proposto dalla Comunità di Sant'Egidio

Cos'è un corridoio umanitario (la prima famiglia arriva in Italia)

Cos'è un corridoio umanitario (la prima famiglia arriva in Italia)
Pubblicato:
Aggiornato:

La famiglia Al Hourani, papà, mamma e due bambini è la prima ad arrivare in Italia grazie ad un corridoio umanitario. Arrivano da Tripoli, in Libano, e la ragione di questo accesso veloce è determinata dalla condizione della bambina, Falak, 7 anni, molto malata. È stata già operata a un occhio, deve sottoporsi urgentemente alla chemioterapia.

Ma innanzitutto, che cos’è un corridoio umanitario? Come dice la parola, è una striscia di territorio (o di spazio aereo o navale) demilitarizzata o dove vige un cessate il fuoco che serve a garantire incolumità a convogli che portano per l'appunto aiuti umanitari. Oppure, al contrario, che permette a persone in condizioni critiche di lasciare contesti di guerra. A proporre l’idea di un corridoio umanitario per affrontare le emergenze legate al gigantesco fenomeno migratorio che sta premendo sull’Europa sono state la Comunità di Sant’Egidio, la Federazione delle Chiese Evangeliche e la Tavola Valdese che hanno sottoscritto a dicembre il protocollo con Viminale e Farnesina.

 

 

Un progetto pilota che dopo il caso della famiglia Al Hourani potrebbe riguardare altre famiglie a Tripoli, e per 65 persone già individuate (grazie all’associazione Papa Giovanni XXIII): la priorità va ai casi di «fragilità» da mettere in lista: bambini, anziani, donne sole, malati, disabili. Tutte le operazioni sono sostenute economicamente dalle organizzazioni che hanno promosso il corridoio umanitario, ricorrendo anche a fondi dell’8 per mille. Quindi non ha nessuno costo per lo Stato italiano.

La base giuridica dell’iniziativa si fonda sull’art. 24 del Regolamento del 13 luglio 2009 che istituisce il Codice comunitario dei visti, vale a dire la possibilità di concedere visti con validità territoriale limitata, in deroga alle condizioni di ingresso previste in via ordinaria dal codice frontiere Schengen, "per motivi umanitari o di interesse nazionale o in virtù di obblighi internazionali". In attuazione di questa disposizione, su indicazione congiunta del Ministero dell’Interno e del Ministero degli Affari Esteri, una o più rappresentanze diplomatiche vengono autorizzate a rilasciare un numero predeterminato di visti per “motivi umanitari”.

Foto 1 di 4

Foto Ansa.

Foto 2 di 4

Foto Ansa.

Foto 3 di 4

Foto Ansa.

Foto 4 di 4

Foto Ansa.

«Il corridoio umanitario», spiegano i promotori, «è uno strumento sicuro perché le persone sono identificate prima ancora di partire, quindi c’è una garanzia su chi giunge in Italia e c’è anche chiarezza sui tempi e sulle modalità di accoglienza ed integrazione». «Quello che noi mettiamo in piedi è un esperimento, uno strumento per spingere altre chiese sul continente e le stesse istituzioni europee a lanciare iniziative analoghe», ha detto il pastore valdese Eugenio Bernardini. Un’affermazione che mette in evidenza quale sia stato l’impegno delle organizzazioni non profit davanti all’emergenza profughi: anche numerose operazioni di salvataggio in mare sono state garantite da Medici senza Frontiere, una grande organizzazione non governativa, e da Moas, un’associazione nata proprio con la funzione di organizzare operazioni in mare. Il corridoio umanitario è qualcosa che va oltre, perché indica un metodo con cui potrebbe essere gestita l’emergenza, con analisi e filtro delle persone nei luoghi di transito o di partenza e non all’arrivo. Perché una volta arrivati la gestione si fa sempre molto più complessa. E spesso sfugge di mano.

Seguici sui nostri canali