Via libera dal Parlamento, ora un referendum

Cuba ha cancellato il comunismo (e aperto alla proprietà privata)

Cuba ha cancellato il comunismo (e aperto alla proprietà privata)
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È la seconda rivoluzione cubana. O la controrivoluzione, a seconda dei punti di vista. Dopo tre giorni di discussione plenaria in Parlamento, sabato 21 luglio è stato approvato il testo della nuova Costituzione. Sono tre le novità rilevanti: la scomparsa della parola “comunismo”, l’introduzione della proprietà privata e degli investimenti esteri e l’apertura ai matrimoni tra persone dello stesso sesso. Quindi anche Cuba dice addio al comunismo. Il testo era stato messo a punto da una commissione presieduta dall’ex presidente e fratello del lìder maximo, Raùl Castro. Quindi non uno qualunque. È stato lui a tirare un tratto di penna sulla parola che concludeva l’articolo 5 della vecchia Costituzione, dove si diceva che gli sfrorzi dello Stato cubano erano orientati verso «gli alti fini della costruzione del socialismo e dell’avanzata verso la società comunista». Quella frase è rimasta intatta, ma in luogo di “comunismo” si fa riferimento molto più sfumato a “socialismo”.

Il presidente dell’Assemblea nazionale Esteban Lazo Hernández ha voluto spiegare le ragioni di questa scelta. Ha detto che la situazione è cambiata rispetto al 1976 quando la Costituzione venne firmata da Fidel Castro. Tuttavia la sostanza – a suo dire – non cambia. Il cambiamento è stato reso necessario dalla nuova situazione del mondo, ma non comporta che «rinunciamo alle nostre idee, ma soltanto che nella nostra visione pensiamo ad un Paese socialista, sovrano, indipendente, prospero e sostenibile».

 

 

E le novità non finiscono qui, perché cancellando la parola comunismo è caduto anche un altro tabù: quello della proprietà privata. Nel nuovo testo il sistema economico «mantiene come principi essenziali la proprietà socialista di tutto il popolo sui mezzi fondamentali di produzione e pianificazione», ma riconosce «il ruolo del mercato e di nuove forme di proprietà, tra cui quella privata». Naturalmente l’impresa statale resta l’architrave del modello cubano «soggetto principale dell'economia nazionale») ma questo non è ostacolo a riconoscere «costituzionalmente l'importanza dell'investimento straniero per lo sviluppo economico del paese», seppur "con le dovute garanzie". Del resto i numeri non sono un mistero, tanto meno per chi oggi ha le redini del governo a L’Avana: dagli iniziali 157.351 lavoratori autonomi registrati nel 2010, anno di inizio dell'apertura del regime cubano al settore privato, si è passati agli attuali 591.456, una cifra che, secondo quanto dichiarato dal ministero del Lavoro, rappresenta il 13 per cento degli occupati nell’isola.

 

 

Novità anche sul fronte della distribuzione dei poteri. Fra i punti del nuovo progetto c'è infatti il limite di dieci anni per il mandato presidenziale. Viene istituita la figura del presidente e vicepresidente della Repubblica, e del consiglio dei ministri. Quindi il governo della Repubblica che sarà sotto la direzione di un primo ministro. Nella costituzione attuale le cariche si sommavano in una sola persona, in quanto il vertice dell'esecutivo - oggi ricoperto da Miguel Diaz-Canel - corrisponde al ruolo di presidente del Consiglio di Stato e dei ministri. Ora la parola passa al popolo. Dal 13 agosto verrà lanciato il dibattito a livello di base. Un percorso che durerà sino al 15 novembre. Dopo di che la decisione finale sarà affidata all’esito del referendum. Ed è facile pensare che l’esito sarà scontato...

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