Il caso

Da Clusone a Pedrengo in bici per lavoro, eppure lo insultano tutti lo stesso

Andrea Scotti lo fa sempre, ma essendo chiusa la pista ciclabile è dovuto passare per la strada. Nonostante il cartello sulla schiena, molte le critiche. Ma non dei Carabinieri

Da Clusone a Pedrengo in bici per lavoro, eppure lo insultano tutti lo stesso
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di Elena Conti

Sono tante e severe le regole da rispettare in questi giorni per contenere la diffusione del Coronavirus e limitare i nuovi contagi. Ogni decreto e ordinanza restringe sempre di più lo spazio entro cui ci si può muovere. Fortunatamente, la stragrande maggioranza delle persone nella Bergamasca si attiene alle disposizioni e solo una piccola percentuale trasgredisce, facendo scattare le denunce da parte delle forze dell’ordine.

Ma c’è sempre il rovescio della medaglia. In questo caso è l’intolleranza verso chi le regole apparentemente non le rispetta e che spesso sfocia in accese discussioni e, talvolta, telefonate alle forze dell’ordine. E non si offre nemmeno la possibilità all’accusato di spiegarsi e affermare la sua innocenza. Se poi l’accusato in questione è un ciclista, già bersaglio degli automobilisti anche in tempi più sereni, il poveretto riceverà ben poca comprensione.

È successo ad Andrea Scotti, che nella giornata di ieri (lunedì 23 marzo) si è recato al lavoro nel suo studio di Pedrengo. In bici, da Clusone. Settanta chilometri di pedalate. Una sua abitudine, si apprende dal post che ha pubblicato su Facebook, con la differenza che essendo chiusa per ordinanza la pista ciclopedonale della Val Seriana gli è toccato fare strade tradizionali. Ieri Andrea è andato in bici al lavoro per un’urgenza indifferibile, perché nel frattempo lo studio in cui lavora è chiuso. Sapendo di dover affrontare la strada, si è munito di un cartello appeso sulla schiena che recitava: «Vado al lavoro». Sperava così di giustificare la propria presenza in bici sulla strada a tutti i veicoli che lo avrebbero superato.

Ma non è andata così. «Per le persone “normali” - scrive Andrea su Facebook - è impossibile pensare che qualcuno possa andare a lavorare in bici. Non avete idea di quanti insulti, strombazzate e imprecazioni ho ricevuto da molte macchine che ho incrociato...». Anche i carabinieri, scrive, lo hanno fermato ben due volte. Ma sono stati gentili e si sono complimentati, una volta appurato che Andrea si stava davvero recando al lavoro e non stava semplicemente facendo un giretto in bicicletta. «Vi prego - lancia un appello - rispettate chi, come me, va al lavoro in bici!».

Tanti i commenti di solidarietà, ma alcuni storcono il naso e ritengono che in questi giorni prendere l’auto sarebbe preferibile. Da una parte per limitare il rischio di incidenti in bicicletta, dall’altra proprio per evitare i famosi insulti di cui sopra.

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