Svendita totale

Dalmine, lo storico Rosti chiude ma 70 anni non si scordano così

Dalmine, lo storico Rosti chiude ma 70 anni non si scordano così
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Dopo oltre 70 anni di attività, Giuseppe Rosti, per la prima volta in vita sua non compirà un gesto che nella sua lunga carriera di commerciante aveva imparato a dare per scontato: alzare la cornetta del telefono per ordinare la nuova collezione invernale. Sono infatti mesi che la scritta «Liquidazione Totale» impera sui vetri del suo storico negozio, sotto i portici di via Mazzini, a Dalmine.

Gli anni d'oro dei commercianti. E se si ha tempo di osservare un po’ meglio, dietro a quei cartelli mastodontici appariranno, sempre meno folti, gli scaffali che un tempo straripavano di quella merce che avrebbe vestito orde di giovinette unite in matrimonio agli operai della Dalmine. Negli anni del boom economico, e non solo, Rosti era il punto di riferimento per chi volesse fare un po’ di shopping terapeutico. Un lusso che le donne si concedevano, non prima di aver compiuto il rituale giro d’acquisti nel resto delle botteghe poco lontane, che se ne stavano disposte l’una accanto all’altra, come a formare un anello economico impermeabile alle maligne infiltrazioni del tempo, come cristallizzato nella Dalmine che fu. «Qui, su via Mazzini, c’era tantissimo commercio: c’era la salumeria, il rivenditore di giornali, più avanti la bocciofila. Un cuore commerciale che valeva tantissimo, era considerato fondamentale per il nostro Comune», racconta Rosti, che oggi ha ottantacinque anni. «Io avevo anche gli articoli sportivi, servivo tantissime squadre da calcio, qualcuna anche di sci e di tennis. Ho servito anche i giocatori dell’Atalanta, il Cesena e addirittura il Milan».

 

 

Un lungo pezzo di vita. La storia rivelò che quell’anello non era poi così impermeabile. Ci si infiltrarono anno dopo anno, mese dopo mese, sempre più centri commerciali, sempre più offerte allettanti che trascinavano la gente al di fuori dai rassicuranti confini dalminesi. Quel salumiere, quell’edicola, quella bocciofila, pian piano hanno ceduto il posto alla modernità. Ma Rosti ha resistito tenacemente, a tal punto che la Regione Lombardia e la Camera del Commercio di Bergamo gli hanno riconosciuto il titolo di negozio storico. Solo l’anno scorso, Giuseppe precisava: «Quello che mi viene spontaneo ribattere a tutte le persone che mi chiedono come faccio a lavorare ancora, è che, se sono ancora qui, dopo 70 anni, è perché il mio negozio mi piace. Tutti i giorni, dalle 9 di mattina alle 12.30, e poi, di nuovo, dalle 15 alle 19.30, io sono qui. Questo negozio rappresenta una grande fetta della mia vita».

 

 

A quasi un anno preciso da quell’intervista, si è però insinuata in lui l’idea che quel negozio continuerà a rappresentare una parte della sua vita, indipendentemente dal peso di una serranda abbassata per sempre. «Il negozio è stato avviato da mio padre calzolaio Giovan Battista Rosti, è datato 1927. Io sono nato cinque anni dopo, nel 1932. Dopo qualche tempo ci siamo trasferiti nell’attuale via Mazzini e nel 1936 si è continuata la vendita di calzature e abbigliamento in questo locale, che io vedo quindi da che ho memoria». Giuseppe ha visto il mondo cambiare oltre i vetri di quel negozio. È da qui che fa esperienza degli scombussolamenti dati dal bombardamento dello stabilimento della Dalmine nel 1944, e sempre da lì osserva i fluttuanti andamenti economici determinati dalla crisi. «Dopo anni di esperienza sotto la guida di mio padre, ho continuato l’attività commerciale con l’aiuto dei miei familiari. Oltre al commercio, ho introdotto il marchio Rosti Sport, che è fornitore di diverse squadre da calcio professionali e dilettantistiche».

 

 

Una fine che fa un po' male. La fine dell’attività lo fa soffrire, non lo nasconde. Me lo confessa mentre in sottofondo, la figlia e la moglie che da sempre lo aiutano con la gestione, aiutano una cliente a scegliere tra le poche scarpe rimaste. «Faccio fatica ad immaginarmi senza questo negozio, certo. Ma era la cosa giusta da fare, ormai la decisione è stata presa da tempo. Una data precisa ancora non c’è, ma credo che sarà per fine ottobre. Da quel momento in poi, mi godrò la pensione». Un riposo meritato, giunto a 85 anni. Così come lo è il riposo dei muri del negozio, che da oltre 70 anni collezionano gelosamente ricordi e storie che niente e nessuno potrà mai liquidare

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