Damasco, una città spettrale

Mentre i riflettori di tutto il mondo sono puntati sulle vicende dei migranti, in Siria c’è anche chi per ora ha deciso di restare, e deve far fronte ad una condizione ancora più drammatica di chi fugge. Nel groviglio geopolitico del grande paese mediorientale l’Isis non è l’unica forza armata che terrorizza la popolazione, e i pochi civili rimasti sono sempre più preda del caos imperante che li circonda. Militari, ribelli, guerriglieri islamici e forze antigovernative si contendono il possesso di ogni millimetro di terreno, mentre il prezzo peggiore del conflitto ricade sulle spalle dei cittadini rimasti.
Terrore quotidiano. Ogni mattino, nelle zone periferiche di Damasco, si assiste ad una scena molto particolare: gruppi di persone di ogni età si incamminano verso i campi circostanti il distretto urbano, tra vicoli ostruiti dalle macerie ed edifici pericolanti. Lo scenario che si trovano di fronte sembra il set di un film post-apocalittico. Strade deserte, insegne impolverate, gli scaffali vuoti in quelli che un tempo erano negozi. Non ci sono attività umane ad animare l’inquietante silenzio. È una migrazione quotidiana, dalle case in cui i superstiti cercano riparo durante la notte, ad un posto dove passare la giornata al sicuro dai bombardamenti. Ma a volte neanche questo è sufficiente. Recentemente sono state uccise due famiglie anche nelle campagne, dieci persone tra cui sette bambini. La devastazione è cominciata ben prima dell’avvento dell’Isis, e riporta indietro l'orologio al 2011, quattro anni di durissime lotte tra le forze governative del regime di Assad e i ribelli, un'infinità di giorni a combattere con mezzi leciti e con altri meno leciti. Nel 2014 il Consiglio di Sicurezza aveva approvato un documento per porre fine ai bombardamenti che coinvolgevano anche aree abitate dai civili, a cui unanimemente tutte le parti avevano aderito. Subito dopo però è arrivata la violenta sferzata degli attacchi del neonato Stato Islamico, e le ostilità sono riprese con intensità ancora maggiore.

In this photo released by the Syrian official news agency SANA, Syrian citizens cross a street, as a sandstorm shrouds Damascus, Syria, Tuesday, Sept. 8, 2015. The unseasonal sandstorm hit Lebanon and Syria, reducing visibility and sending dozens to hospitals with breathing difficulties because of the fine dust. (SANA via AP)

Mideast Syria Weather

Mideast Syria Weather

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Morti civili. Gli scontri in atto nelle zone intorno a Damasco non vedono contrapposte solo due fazioni. La lotta dello stato siriano contro l’Isis riveste anzi un ruolo minore in questa zona della Siria, spazzata dai kalashnikov dei combattenti di Al Nusra, dai colpi di mortaio degli avversari di Assad, dalle resistenze dell'esercito lealista. In mezzo alle contese dei gruppi armati, vivono 22 milioni di siriani, 5 dei quali hanno già scelto di emigrare oltre i confini: 4 milioni si calcola si trovino nei campi profughi turchi e del Libano, oltre 1 milione invece sta passando una lunga odissea per raggiungere l'Europa. Chi resta si trova al centro di continui bombardamenti.
Barrel bomb e gas mustard. Tra le modalità più atroci, come documentato recentemente da Human Rights Watch, ci sono i famigerati “barrel bomb”, barili di materiale esplosivo riempiti con ogni tipo di ferraglia. Sono usati prevalentemente dall’esercito siriano, lanciati a mano dagli elicotteri, e servono ad evitare qualsiasi raduno della popolazione nel timore che i ribelli possano organizzarsi. Continua a crescere inoltre il sospetto che l’Isis stia usando armi chimiche contro la popolazione civile: sembra che ne sia venuto in possesso in seguito alla conquista di alcuni depositi appartenenti al regime, che aveva omesso di dichiararne la presenza. Si tratterebbe, secondo numerose testimonianze, del terribile gas mustard, uno dei più letali in circolazione. Il lancio di queste armi micidiali tra i civili ha generato un fenomeno alquanto singolare: gran parte della popolazione si dirige verso il fronte di guerra, zona ritenuta più sicura in quanto gli attacchi sono rivolti principalmente contro obiettivi mirati. Il conto delle vittime stimato dall’inizio del conflitto al giorno d’oggi è impressionante: 18mila sarebbero i morti a causa dei bombardamenti (gran parte dei quali provenienti dal regime di Assad), che salirebbero a 27mila se teniamo conto anche del lancio di razzi e delle offensive terrestri.
Aiuti umanitari. A causa della lunga durata del conflitto la popolazione siriana è ormai priva di ogni servizio. Le attività commerciali ed artigianali sono praticamente scomparse, nelle case mancano acqua corrente, luce e gas. Dall’Europa e da molte associazioni umanitarie in tutto il mondo vengono inviate risorse per assistere i bisognosi, come cibo, medicine e aiuti in denaro, ma non è semplice allestire strutture per proteggere la popolazione. Tra i funzionari è diffusa la corruzione, e ogni fazione in lotta utilizza i sotterfugi possibili per mettere le mani sulle donazioni provenienti dall’Occidente. A molti siriani la fuga si presenta come l’unica soluzione possibile per la sopravvivenza, e i rischi e le incertezze del viaggio da affrontare risultano più accettabili delle atrocità cui sono quotidianamente sottoposti in patria.