l'impresa

Dante Rottoli di Mozzo: il mio giro d'Italia in bici, per raccontare la forza di Bergamo

Dopo la fine della quarantena si è lanciato in sella alla bicicletta, percorrendo lo Stivale indossando la maglietta degli Amici della pediatria. Il mare sempre a destra, 200 km al giorno per 18 tappe. «A Reggio Calabria volevo tornare in treno, ma il calore della gente mi ha spinto»

Dante Rottoli di Mozzo: il mio giro d'Italia in bici, per raccontare la forza di Bergamo
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di Dino Ubiali

Dante Rottoli, un passato da commerciante di auto usate, aveva un sogno: fare il Giro d’Italia in bici al raggiungimento dell’età pensionabile. Appassionato ciclista, è socio dello Sky Rider Team che raggruppa una quarantina di appassionati del ciclo che ogni settimana accumula 5-600 chilometri in giro per le strade d’Italia. Tra le varie cose, il gruppo ha raccolto fondi per iniziative benefiche come ad esempio per l’Associazione Michele Scarponi, morto in bici, o per la costruzione di un’ospedale in Nepal da parte della associazione Mario Merelli.

Un traguardo il 62enne mozzese lo aveva raggiunto diventando nonno di Ludovica, primogenita della figlia Sara. Da due anni poi, avendo tempo libero da pensionato, era diventato volontario dell’associazione Amici della Pediatria che assiste le famiglie dei bambini ricoverati all'ospedale Papa Giovanni: «Mi sono sempre piaciuti i bambini e dedicare loro alcune ore alla settimana facendoli giocare nei reparti, mentre i genitori hanno impegni all'esterno dell’ospedale, mi riempie di orgoglio».

La festa con gli Amici della pediatria

Poi è arrivato il Covid che ha fermato tutto. A Dante manca la bici, i bambini dell’ospedale, e il suo sogno si fa sempre più pressante. Detto fatto, finito il lockdown inizia un mese di preparazione e il 15 giugno, con un piccolo kit di sopravvivenza «e la carta di credito» parte per il suo Giro d’Italia. Indossa la salopette degli Sky Rider Team e degli Amici della Pediatria: «Volevo portare in giro per l’Italia il messaggio di solidarietà dell’associazione, ma soprattutto raccontare agli italiani come i bergamaschi, che si sono sentiti abbandonati, hanno affrontato con valore e caparbietà una delle prove più dure dal dopoguerra, tirandosi su le maniche per ripartire, senza tanti clamori».

Per 18 giorni, 200 chilometri al giorno «con il mare sempre alla mia destra» percorrendo tutto lo Stivale. «Le prime tappe sono state le più dure e arrivato a Reggio Calabria volevo tornare indietro in treno. Mi ha convinto a continuare l’accoglienza della gente che voleva sapere cosa era stato Bergamo (avevo tutti i certificati sanitari ma nessuno me li ha mai chiesti), i racconti al ristorante o in albergo la sera, ma anche per strada quando mi fermavo ad ammirare il paesaggio. Mi dispiace solo che...

L’articolo completo e altre notizie su Mozzo a pagina 39 del PrimaBergamo in edicola fino al 30 luglio, oppure sull'edizione digitale QUI.

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