Il David soffre di caviglie deboli e rischia di rompersi dopo secoli

Nella sezione arte dell’ultimo numero del New York Times Magazine, il giornalista americano Sam Anderson ha analizzato lo stato di salute della più famosa scultura sulla faccia del pianeta: il David di Michelangelo. Le notizie, supportate dalle conclusioni di numerosi studi sul tema, non sono delle migliori. Il David è conservato alla Galleria dell’Accademia di Firenze, dove fu spostato 143 anni fa dalla sua location originale in piazza della Signoria. È sopravvissuto a terremoti devastanti come quello del 1895, ad autobombe di nazisti e mafiosi, e all’allagamento che nel 1966 uccise dozzine di persone e distrusse diversi capolavori. Purtroppo – ironia della sorte – rischia di non sopravvivere alle sue caviglie. «Il problema del David», scrive Anderson, «sono le sue caviglie. Sono a pezzi».
Nel 2014, un team di geologi italiani ha pubblicato un articolo di ricerca intitolato Modellare il Fallimentare Meccanismo del David di Michelangelo Attraverso Esperimenti di Centrifugazione in Piccola Scala [titolo tradotto dall’originale, in inglese]. In sostanza, i geologi hanno creato un piccolo esercito di David in miniatura, e poi li hanno fatti girare in una centrifuga a varie angolazioni, in modo da simulare la resistenza della statua quando questa è esposta a vari livelli di stress. L’amara scoperta è che se il David fosse inclinato di appena 15 gradi, le sue caviglie cederebbero del tutto. L’origine del problema è relativa ad un difetto di progettazione: «Il centro di gravità della base non è allineato con il centro di gravità della figura stessa; quando la base è in piano, in altre parole, il corpo del David è leggermente fuori equilibrio», scrive Anderson.
Anderson si lancia poi in un’analisi storica del problema. Per più di 300 anni il David è rimasto in piazza della Signoria, dove adesso c’è la sua fedele replica. In piazza, nel corso di quei 300 anni, il David si era inclinato leggermente. Secondo la leggenda, il problema era relativo al fatto che la statua venne colpita da un fulmine nel 1511; più probabilmente, il problema era relativo al fatto che la terra sotto di lui si stava lievemente spostando (per lo stesso fenomeno di base che ha fatto inclinare la torre di Pisa). Per secoli è rimasto così, inclinato di diversi gradi, e le conseguenze sul suo corpo si sono fatte sentire. La gamba destra è messa male, parecchio peggio della sinistra. Continua Anderson: «Più l’inclinazione della statua aumenta, e più lo stress si muoverà in alto su quella gamba, finché – al momento fatidico – la statua si spezzerà appena sotto il ginocchio».
Il momento fatidico potrebbe arrivare in un qualsiasi momento, ed essere causato da una miriade di fattori, che includono il traffico, la costruzione di un treno ad alta velocità che sta avvenendo nei paraggi, il passo combinato delle orde di turisti o un terremoto. Quello di un terremoto sembra rappresentare il peggiore scenario possibile; nel 2014, 250 scariche di terremoto hanno colpito la periferia di Firenze. Molte erano scariche a bassa potenza, ma i fiorentini hanno comunque avvertito che la terra sotto di loro si stava muovendo. Angelo Tartuferi, direttore del museo dell’Accademia, ha rivelato ad Anderson che nonostante tutte le misure di sicurezza adottate (tra cui un sofisticato monitor chiamato SMARTBRICK che rivela la temperatura, il movimento, e l’angolo di inclinazione della statua) l’idea di un terremoto gli fa venire gli incubi.
Una soluzione ci sarebbe: installare una speciale base antisismica al prezzo di circa 250mila dollari (che secondo Tartuferi sono una piccola somma rispetto a ciò che il David fa guadagnare al museo ogni anno). Nel 2014, dopo le scariche di terremoto, il ministro della Cultura italiano aveva annunciato che una base antisismica sarebbe stata installata entro un anno. Scrive Anderson: «Ma il Governo italiano, mi ha detto Tartuferi, gli ha impedito di installare la base. La nazione era nel mezzo di un’elaborata operazione per ristrutturare il suo sistema di musei, e stava pianificando di assumere nuovi leader – alcuni dei quali sarebbero stati riconosciuti come “supermanager” – nei musei più importanti (e quindi più redditizzi) della città ... il Governo italiano non voleva che lui [Tartuferi], all’uscita di scena, facesse una mossa così importante come il salvataggio del David».
La base non è ancora stata installata, e siccome ognuno sa quello che bisogna fare per mettere al sicuro il capolavoro di Michelangelo, anche il supermonitor SMARTBRICK è stato spento. «Intanto, ogni giorno, il David rimane a rischio», prosegue il giornalista americano. Negli ultimi anni, diversi facoltosi personaggi amici di Firenze hanno offerto il loro supporto economico per fare qualcosa, ma il Governo italiano ha insistito: sarà l’Italia a salvare il David dal collasso. Ancora niente di concreto è però stato fatto. La nuova direttrice del museo, una studiosa medievale tedesca chiamata Cecilie Hollberg, ha detto ad Anderson che ci sono problemi più imminenti da risolvere, e che sta cercando la miglior soluzione possibile perché le cose vengano fatte bene, e non male e in fretta.
Il resto dell’articolo è costellato di riferimenti storici e riflessioni belle e interessanti, sul David in sé e ciò che ci sta attorno. Per esempio, Anderson parla dell’enorme blocco di marmo usato da Michelangelo per scolpire il David, soprannominato “il Gigante” e rimasto a Firenze per più di trent’anni praticamente inutilizzato, prima che il 26enne scultore non ne tirasse fuori il capolavoro che è ancora oggi. Come ha scritto lo storico dell’arte Giorgio Vasari, «è stato davvero un miracolo da parte di Michelangelo quello di resuscitare la vita in una cosa cosa era morta». Più personalmente, Anderson riflette sulla perfezione apparente del David, sulla sua percezione dell’opera quando lui (il giornalista) aveva vent’anni e su quanto quella percezione fosse cambiata quando ne aveva quaranta. A chi legge l’inglese ne consigliamo vivamente la lettura integrale.