Dea, l'andata se n'è andata in perfetta media salvezza

Si è chiuso alla grande un girone di andata che ha fatto molto discutere per l’Atalanta. Il risultato di Milano, grazie alla firma di Denis, ha portato la classifica a quota 20 punti. In piena media salvezza, ad un solo punto dallo score ottenuto l’anno passato (con il successo strappato a Bergamo contro il Catania si arrivò a quota 21) ma, soprattutto, mettendosi ben 5 squadre alle spalle. Con altre due, Verona a quota 21 e Torino a quota 22, a tiro di sorpasso.
L’euforia è alle stelle, i festeggiamenti a Zingonia dopo il rientro da Milano sono immagini bellissime da vedere ma c’è una domanda che serpeggia: è tutto risolto? È’ tutto a posto? Oppure ci sono dettagli che spiegano una così bella inversione di tendenza ? Possibile che dopo Udine, l’Atalanta fosse un branco di bidoni e oggi sia una macchina perfetta?
Primo comandamento: equilibrio. La base di partenza di ogni ragionamento, smaltita l’adrenalina, dev’essere l’equilibrio. L’Atalanta non era una cozzaglia di scarti da serie A prima e non è il Barcellona adesso. E, quindi, prendiamo per oro colato i 3 punti, godiamoci la prestazione, ma la cosa più importante da fare è dimenticarsi in fretta Milano.
Colantuono conosce troppo bene le pieghe di questo mondo per non capire che oggi sono (quasi) tutti dalla sua parte. La vittoria e i punti sono la medicina migliore ma le tre partite del 2015, ad esempio, hanno tante diversità e un solo denominatore comune: la grinta da Atalanta. Con lo spirito giusto, questa squadra può fare quello che abbiamo visto. Senza (vedi la gara con il Chievo) facciamo una gran fatica.
Certo, di buono c’è che adesso la Dea fa spesso gol e quando riesce a limitare le incursioni avversarie strappa punti importanti. Ha segnato Denis (gol importantissimo per lui) ma nelle scorse settimane era stato prima Maxi e poi addirittura Zappacosta a trovare la via del gol. Pensateci bene: se a Genova non si prende il rigore dell’1-2 subito dopo il raddoppio e se Peruzzo non avesse fatto quello che ha fatto adesso staremmo a quota 24.
Modulo base e pochi fronzoli. Con l’arrivo di Pinilla, Colantuono ha svoltato: 4-4-2 pesante con Pinilla vicino a Denis e Maxi libero di svariare sulla sinistra. La soluzione, se tutti combattono, è da leccarsi i baffi. In attesa di un altro esterno (Zappacosta sta facendo grandi cose, ma non può essere diventato Gervinho in 15 giorni) ecco dunque che la Dea si è sistemata con il modulo che meglio conosce e i risultati si vedono.
Il centrocampo a 3 è una soluzione estemporanea, ma metterlo in campo per fare spazio a Baselli è illogico. Come non è logico lasciar fuori Biava o preferire il Del Grosso del Napoli, del Cesena o di Milano a Dramè. Questo gruppo ha delle certezze granitiche e sarebbe incredibile ignorarle: linea a 4 davanti a Sportiello, Carmona e Cigarini con uno di corsa (Zappacosta) e uno che inventa (Maxi) e, davanti, uomini di qualità come Pinilla e Denis.
E badate bene, qui c’è lo splendido rischio che Denis possa arrivare in doppia cifra grazie proprio all’uomo che secondo qualcuno doveva levargli il posto. L’attaccante arrivato dal Genoa difende palla e la smista, si muove sempre con un difensore attaccato ai tacchetti e, in occasione del gol contro il Milan, il suo movimento è perfetto: Denis arrivava da dietro, Maxi ha puntato al centro mentre il numero 51 portava un uomo dalla parte opposta rispetto a dove è arrivato il gol.
Pareggi brutti e benedetti. Dei 20 punti in classifica, solo 12 sono arrivati attraverso dei successi. L’Atalanta ha vinto due partite in casa (Parma e Cesena) e due in trasferta (Cagliari e Milan) riuscendo a costruire la sua classifica grazie a ben 8 pareggi in metà campionato. L’anno scorso, alla fine della stagione, furono 5 i risultati di pareggio, nessuno per 0-0, mentre oggi siamo già a quota quattro.
Cosa significa questo? Semplice, che ci sono tanti modi per fare punti. Matematicamente parlando, un successo e due sconfitte pesano come gli 0-0 di Torino, Empoli e Sassuolo. Brutti da vedere, certamente da cancellare pensando allo spettacolo ma, alla fine, utilissimi per scalare la montagna della salvezza. Dunque, arricciare il naso per qualche gara pareggiata con la voglia e la consapevolezza di farlo non è in linea con la realtà della Dea.
Stefano Colantuono, in questo girone di andata, non ha sicuramente brillato per continuità di scelte e di moduli. Pensate, in 19 gare di campionato la formazione iniziale è stata cambiata per ben 18 volte: solo in occasione della partita dopo Cagliari il mister scelse gli stessi undici anche al cospetto della Fiorentina. Anche i moduli sono spesso cambiati, probabilmente la sensazione che lasciava all’esterno la formazione nerazzurra era di una squadra senza tante certezze, ma alla fine i punti sono arrivati ed è quello che conta.
Verona e Cagliari. L'Atalanta è attesa nelle prossime tre giornate di campionato da partite sicuramente alla portata ma, soprattutto, molto importanti. A Verona i nerazzurri troveranno un ambiente infuocato, un allenatore sulla graticola, una squadra impaurita dai 10 gol subiti in tre giorni contro la Juventus (6 in coppa e 4 in campionato) ma, soprattutto, un gruppo che si trova a lottare sul fondo quando magari pensava di fare il salto di qualità.
Contro il Cagliari ci sarà la prima sfida del ritorno in casa e, nella speranza che dopo i due pesi e le due misure adottati con Lazio e Roma si riapra finalmente il "Bortolotti" a tutti, quella è una gara da vincere. La settimana successiva, ecco la Fiorentina: una squadra con qualche problemino che non sta brillando e (nonostante il recente successo in Coppa con la Dea) domenica ha strappato a Verona un successo proprio sul filo di lana.
Tre partite che la Dea deve giocare con le sue armi, forte delle certezze che questo 2015 ha finora regalato sotto il profilo dello spirito e della manovra e consapevoli che bisogna sempre muovere la classifica. Farlo significa non dover affrontare nessun avversario come se fosse la gara della vita, ricordando che passo dopo passo la salvezza si avvicina e che, anche i pareggi, non devono far arricciare il naso a nessuno. Soprattutto quelli esterni. Siamo l’Atalanta, non il Barcellona.