"Decreto Ristori Bis", il Governo dimentica (si spera) di aiutare i negozi di calzature
Secondo l'associazione di categoria, inoltre, dal decreto rimarrebbero escluse anche tutte le imprese della filiera collegate agli esercizi chiusi, così come tutto il comparto dell’ingrosso
Non devono essere giorni facili per il Governo, impegnato a scongiurare il rischio di un lockdown generalizzato. Nel frattempo l’attenzione dell’Esecutivo si è concentrata sulla stesura del decreto Ristori Bis, necessario a erogare contributi alle attività delle zone rosse costrette a questa seconda serrata. Tuttavia, nel decreto in questione (si spera) i tecnici di Palazzo Chigi si sono dimenticati di fare rientrare tra i destinatari degli aiuti economici il codice Ateco dei negozi del commercio al dettaglio di calzature e accessori. A lanciare l’allarme è Giovanni Zambonelli, presidente di Ascom Confcommercio Bergamo. «Pensiamo che questa sia una dimenticanza e la nostra Federazione si sta attivando per farlo rientrare tra i beneficiari», spiega il presidente di Ascom.
Dal decreto, inoltre, rimarrebbero escluse anche tutte le imprese della filiera collegate agli esercizi chiusi, così come tutto il comparto dell’ingrosso. «Per esempio – aggiunge Zambonelli -, il settore del commercio all’ingrosso specializzato nel canale Ho.re.ca, con bar e ristoranti chiusi, è in asfissia e per queste imprese non è previsto alcun sostegno. Crediamo quindi che il sistema dei Codici Ateco non funzioni, perché è esclusivo e non inclusivo, visto che va a penalizzare molte categorie. Diamo atto al Governo che stia facendo uno sforzo senza precedenti sia nella rapidità dell’emissione dei decreti, sia nell’indicare le modalità più rapide per ottenere i contributi a fondo perduto. Nonostante questo è necessario fare delle precisazioni e dei distinguo».
Una delle principali criticità da risolvere sarebbe proprio l’entità degli importi previsti per le singole attività forzate allo stop. «Le risorse non sono sufficienti rispetto ai reali bisogni – sottolinea Giovanni Zambonelli -. Serve un ulteriore scostamento di bilancio per assicurare fondi adeguati, in quanto questo contributo non è in grado di garantire la sopravvivenza delle aziende».
Infine deve essere introdotto, secondo Ascom, il concetto di equità del ristoro: la differenza del volume d’affari non deve prendere come riferimento il mese di aprile, ma lo stesso mese in cui avviene la chiusura e, nello specifico, il mese di novembre. «È sbagliato far riferimento al mese di aprile e non a quello di chiusura effettiva – conclude Zambonelli -. In questo modo si danneggiano le imprese stagionali e gli stessi settori dell’abbigliamento e delle calzature per cui i mesi invernali sono tradizionalmente molto più importanti del mese di aprile».