Il nuovo decreto sui migranti Breve analisi per capirlo bene
«Disposizioni urgenti per l'accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell'immigrazione illegale»: è il nome assegnato al decreto legge, con un articolo unico, che mercoledì ha avuto la sua approvazione alla Camera, senza emendamenti e senza richiesta di articoli aggiuntivi, in quanto il Governo ha messo la fiducia. Stessa cosa era accaduta in Senato il 29 marzo. Insomma un provvedimento urgente e blindato firmato dalla coppia Minniti-Orlando, rispettivamente ministro degli Interni e ministro della Giustizia.
Un colloquio via registrazione video. Quattro sono le novità introdotte: l’abolizione del secondo grado di giudizio per i richiedenti asilo che hanno fatto ricorso contro un diniego, l’abolizione dell’udienza, l’estensione della rete dei centri di detenzione per i migranti irregolari e l’introduzione del lavoro volontario per i migranti. Ovviamente i primi due punti sono quelli che fotografano il cambio di filosofia ispirato in particolare da Minniti. Il primo grado di giudizio, l’attuale “rito sommario di cognizione”, sarà sostituito da un rito camerale senza udienza. In questa fase il giudice prende visione della videoregistrazione del colloquio del richiedente asilo davanti alla commissione territoriale. Non ci sarà contraddittorio e quindi il giudice non può rivolgere domande al richiedente asilo per eventuali chiarimenti al migrante che ha presentato domanda di asilo. Il decreto quindi aumenta di molto la capacità dello Stato di esaminare le richieste, in quanto sono previste anche assunzioni di personale specializzato e un nuovo assetto dei collegi. Inoltre l’eliminazione della possibilità per il migrante di ricorrere all’appello snellisce ancor di più le procedure.
Ovviamente il rischio è che questo snellimento vada tutto a penalizzare il richiedente asilo. Come spiega con chiarezza Possibile, il sito di informazione sui diritti del deputato Pd Giuseppe Civati, «il richiedente non riceve più una copia del verbale, ma gli viene data lettura della trascrizione del colloquio in una lingua a lui comprensibile o tramite l’ausilio di un interprete, il quale, subito dopo la fine del colloquio verifica la correttezza della trascrizione ed apporta le necessarie modifiche, anche tenendo conto delle osservazioni dell’interessato».
I Centri di identificazione ed espulsione. Altra novità sono i Centri identificazione ed espulsione, previsti in ogni Regione, «previa intesa con i Presidenti interessati». I CPR, che sono molto simili come funzione ai vecchi Cie, avranno una capienza complessiva di 1600 posti. Dovranno «trattenere per il tempo strettamente necessario quelle persone per le quali non sia possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera o il respingimento (a causa di situazioni transitorie che ostacolino la preparazione del rimpatrio o l'effettuazione dell'allontanamento)».
Peccato che proprio settimana scorsa il Comitato per i diritti umani dell'Onu avesse invitato a limitare il più possibile l’utilizzo della detenzione dei migranti. Naturalmente questa prevalenza della logica securitaria prelude allo scontro elettorale prossimo venturo, al quale il Pd di Renzi (che ha fatto fare la manovra “sporca” a Gentiloni) vuole arrivare togliendo un’arma ai 5stelle, che sulla questione migranti hanno sempre più spesso posizioni vicine a quelle della Lega.
Le proteste. Dal mondo delle Associazioni impegnate nell’accoglienza è partita intanto la protesta, con raccolte firme e presidi. E intanto viene lanciata una domanda: perché non si è rafforzata la misura più civile e anche meno dolorosa, quella di favorire i rimpatri volontari?