I timori

«Dei nostri cari non sappiamo nulla»: la paura dei parenti degli ospiti della Rsa di Calcio

Alla don Carlo Zanoncello sempre più vittime. La Fondazione si difende: «Abbandonati dalle istituzioni», ma i familiari delle persone lì ospitate chiedono di essere informate

«Dei nostri cari non sappiamo nulla»: la paura dei parenti degli ospiti della Rsa di Calcio
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Arriva da Calcio la voce, strozzata dalla paura e dal dolore, di una parente di una ospite della locale Rsa Don Carlo Zanoncello. La struttura, come tante altre della provincia, è stata duramente colpita dall’emergenza Coronavirus e attualmente i decessi lì riscontrati sono stati ben 19. I colleghi di PrimaTreviglio hanno raccolto la testimonianza di alcuni parenti degli ospiti della struttura, che affermano di non avere notizie dei loro cari da diverso tempo: «Sono rinchiusi nella casa di riposo e noi non sappiamo nulla».

Nelle scorse settimane, il presidente della Fondazione, Giuseppe Orisio, aveva lanciato l’allarme, denunciando l’abbandono da parte delle Istituzioni e affermando che i decessi erano legati a patologie pregresse. Dichiarazioni a cui è seguito un comunicato del Consiglio d’amministrazione della Fondazione.

«Le tragiche e difficili giornate che stiamo vivendo creano una sempre maggiore preoccupazione fra tutti noi – recita il comunicato –. Diversi sono i luoghi di cura, di assistenza, a domicilio, R.S.A. che sono chiamati in prima linea a dare risposte alle gravi situazioni critiche e di emergenza che si stanno verificando. Spesso l’interesse dell’opinione pubblica si focalizza su casi eclatanti e non coglie gli sforzi quotidiani di chi si trova ad operare nelle piccole comunità come la nostra. Ci sembra doveroso allora portare l’attenzione su quanto i nostri dipendenti stanno quotidianamente svolgendo con umanità e serietà nei confronti dei nostri ospiti. L’impegno che i nostri operatori a qualsiasi livello stanno responsabilmente mettendo in atto con altissimo senso del dovere va spesso ben oltre la professionalità per sfociare nella missione di assistenza e cura verso chi si è affidato alla nostra Fondazione. Tutto questo viene svolto in silenzio e senza clamore. Tutti i dipendenti della Fondazione, Medici, coordinatrice, infermieri, OSS, operai, amministrativi, stanno dimostrando grande dedizione e sensibilità umana. Questa grande sensibilità, professionalità e spirito di sacrificio da noi ammirevolmente sostenuti devono, a nostro parere, essere riconosciuti anche dall’intera Comunità. In questo momento di emergenza siamo vicini anche agli ospiti ed ai loro familiari che con fiducia stanno collaborando con noi sopportando i disagi imposti dalla situazione contingente. In tutto il territorio bergamasco e non solo le R.S.A. seguono una linea di riservatezza e rispetto degli ospiti garantendo la comunicazione ai familiari sulle loro condizioni di salute. Particolare attenzione inoltre viene attivata nei confronti dei dipendenti e della loro sicurezza in ambito lavorativo. Auspichiamo un pronto rientro dall’emergenza attraverso lo svolgimento del nostro dovere quotidiano. Auspichiamo inoltre che si lasci lavorare la Fondazione posticipando qualsiasi pettegolezzo ed informazioni di cattivo gusto al termine dell’emergenza. Tutto questo nel rispetto del personale tutto, degli ospiti e dei loro familiari».

I parenti degli ospiti, però, vivono nell’angoscia per la sorte dei loro cari, soprattutto dopo i decessi che continuano a susseguirsi all’interno della Fondazione.

«Non c’è comunicazione dall’interno della struttura – denuncia una parente –. Non riesco a capire come il presidente possa escludere la presenza del Covid-19 nella Rsa dato che non vengono eseguiti tamponi per comprovarlo. Concordo sul fatto che le Istituzioni hanno abbandonato al loro destino le case di riposo. Ho provato a fare sentire la mia voce all’Ats, alla Regione, ma niente, nessuno vuole interessarsi. Da circa un mese vivo nell’angoscia che suoni il telefono e non possa più vedere la mia parente. Non c’è rispetto per la vita di quelle persone rinchiuse e private di ogni affetto».

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