Delitti Del Gaudio e Roveri, in aula si torna a parlare dell'ipotesi di uno stesso assassino
In Tribunale è intervenuto Giorgio Portera, genetista e consulente della difesa di Tizzani (unico imputato per l'omicidio della moglie). I due omicidi avvennero nel 2016. In merito alla traccia di Dna di Tizzani trovata sul taglierino, secondo Portera «non è possibile escludere totalmente l'ipotesi che sia avvenuta una contaminazione nei laboratori del Ris»
L’ipotesi di un collegamento tra gli omicidi di Gianna Del Gaudio, sgozzata la notte tra il 26 e 27 agosto del 2016 nella sua abitazione di Seriate, e di Daniela Roveri, la manager uccisa il 20 dicembre dello stesso anno con modalità analoghe mentre si trovava nell’androne della sua abitazione di Colognola, si riaffaccia prepotentemente nell’abito del processo che vede alla sbarra Antonio Tizzani, accusato dell’omicidio della moglie.
Secondo quanto spiegato in aula dal consulente genetista di parte della difesa, Giorgio Portera, «c’è una compatibilità forte» tra l’aplotipo Y del Dna prelevato dai guanti trovati insieme al taglierino ritenuto essere l’arma con cui è stata uccisa Gianna Del Gaudio e lo stesso aplotipo trovato invece sul volto di Daniela Roveri. In particolare, tutte e 23 i marcatori dei Dna rilevati sarebbero sovrapponibili. «È un profilo basso ma tutte le parti del Dna, cioè gli alleli che identificano il soggetto ignoto 1 del giallo Del Gaudio, sono presenti all’interno del profilo misto trovato sulla salma di Daniela Roveri. Alcune parti di esso non si mescolano con il Dna della Roveri».
L’omicidio di Daniela Roveri è stato archiviato, ma le considerazioni dal genetista fanno tornare alla ribalta l’idea, già avanzata in passato, che ad uccidere le due donne sia stato un serial killer. «La definizione di serial killer è ben diversa da una persona che compie due reati similari nel giro di poco tempo - ha precisato Portera -. L’identificazione di ignoto 1 è abbastanza chiara, c’è una comunione tra i due casi non solamente dal punto di vista del Dna ma anche come dinamica. A mio avviso ci sono tanti elementi per poter capire quali sono le compatibilità ed eventualmente risolvere due casi contemporaneamente». A uccidere Gianna Del Gaudio, quindi, secondo la difesa, sarebbe stato un soggetto ignoto. Quell’uomo incappucciato che Antonio Tizzani ha detto di aver visto fuggire dalla sua abitazione la notte del delitto. Una tesi avvalorata anche da alcuni elementi presenti sulla scena del crimine e contenuti nella relazione di un sopralluogo effettuato nella villetta di via Madonna delle Nevi appena dopo il suo dissequestro.
Il genetista ha anche avanzato alcune riserve in merito alla traccia del Dna trovata sul cutter. Secondo Portera, il reperto genetico potrebbe essere frutto di una contaminazione avvenuta nei laboratori del Ris dopo l’apertura del tampone salivare contenente il Dna di Tizzani, avvenuta appena prima l’esecuzione di ulteriori analisi sull’arma del delitto e in assenza del consulente della difesa. La quantità del materiale genetico sarebbe stata infatti assai esigua, ragione per cui è stato necessario amplificarla per ben quattro volte durante le analisi tecniche. Nei successivi accertamenti e prelievi eseguiti, inoltre, non è stato più riscontrato il Dna dell'uomo sul taglierino. «Non ho mai contestato che il Dna sul taglierino sia riferibile ad Antonio Tizzani, bensì la modalità con cui questa analisi sia stata fatta - ha spiegato Portera -, senza contraddittorio e analizzando subito prima il campione salivare dell’imputato. Per come sono stati fatti gli accertamenti, non è possibile escludere totalmente la contaminazione ed è possibile che vi sia stato il trasferimento di una traccia di un altro reperto sulla superficie del taglierino».