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Denise di Treviolo, la paura e l'orgoglio di un'infermiera di 22 anni

Si è laureata il 29 novembre e ha iniziato a lavorare al policlinico San Marco solo da metà gennaio. «Lavoriamo quasi a catena di montaggio, siamo bardati ma resti sempre insicuro». «La paura te la porti a casa, nessuno ti può abbracciare»

Denise di Treviolo, la paura e l'orgoglio di un'infermiera di 22 anni
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di Marta Belotti

«La verità è che siamo tutti ugualmente spaventati davanti alla novità di questa emergenza; il bello è che ci aiutiamo tutti a vicenda e facciamo gruppo molto più del solito, senza far pesare troppo le gerarchie. L’emergenza Coronavirus ha in parte abbattuto quelle differenze inevitabili tra chi lavora da trent'anni o chi, come me, solo da qualche mese all'interno di una struttura ospedaliera. È per tutti una situazione nuova e fuori da ogni panorama ipotizzabile». Denise Ametrano ha solo 22 anni, si è laureata in infermieristica lo scorso 29 novembre e ha iniziato a lavorare al policlinico San Marco di Osio Sotto solo da metà gennaio.

«Sono stata assegnata alla chirurgia, ma in poco tutto è cambiato» inizia a raccontare Denise, che non aveva ancora fatto in tempo ad ambientarsi nella struttura quando è partita l’emergenza Coronavirus. «Il 2 o 3 marzo il mio reparto è stato convertito in Covid e io, come tutte le mie colleghe, sono stata trasferita nel reparto Covid positivi». Come in molti ospedali della Regione, anche a Zingonia in queste settimane centinaia di posti sono stati riconvertiti per l’emergenza. «Sono molto orgogliosa della risposta data dalla struttura dove lavoro. La reazione è stata immediata e bellissima, ci siamo fatti trovare preparati per quanto possibile. Prima ancora che i decreti avessero preso le misure tanto stringenti di questa settimana, noi avevamo iniziato ad attrezzarci per l’emergenza».

Il rituale di ingresso in sala è cambiato e da allora il procedimento di vestizione e di assistenza ai malati è diventato quello più volte raccontato e mostrato dai mezzi di comunicazione in questi giorni. «Ogni volta sono terrorizzata - ammette Denise senza vergogna -. Noi abbiamo i dispositivi di sicurezza, ma quando inizi il procedimento non sei mai sicura di averlo fatto in modo completamente coretto. Non sai se hai toccato quella cosa oppure se tutto ha aderito alla perfezione. Si fa tutto con attenzione, ma certi dettagli possono sfuggire. La paura te la porti in sala, ma te la porti anche a casa, quando entri nel nucleo dei tuoi familiari, ma devi rinunciare al loro abbraccio per paura di contagiarli. In casa cerco di isolarmi il più possibile. Non voglio avere contatti, perché la paura di contagiare i miei affetti è ancora più forte di quella di ammalarmi io».

 

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