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Di che cosa si parlerà di preciso alla Conferenza sul clima di Parigi

Di che cosa si parlerà di preciso alla Conferenza sul clima di Parigi
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Inizia oggi, lunedì 30 novembre, a Parigi, la 21esima Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico, evento annuale promosso dall'Onu e teso a riunire la maggior parte dei Paesi del mondo (quest'anno sono invitati 190 rappresentanti) per discutere circa i complessi cambiamenti climatici in corso (per dirne uno, in termini di surriscaldamento globale si starebbe addirittura mettendo a repentaglio la sopravvivenza del pianeta). La convention, che durerà due settimane, si aprirà in un'atmosfera particolarmente tesa, visti i tragici fatti dello scorso 13 novembre.

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Le premesse positive. Quella di Parigi è considerata una riunione particolarmente importante, poiché sembra che sia necessaria, sul tema, una svolta definitiva: o ci si mette d'accordo per calmierare le immissioni nell'ambiente oppure, lenta ma inesorabile, la fine del mondo incomberà su di noi. Le premesse, che dovrebbero portare alla fine della Conferenza ad un piano condiviso a scadenza nel 2030, sembrano comunque positive: l'Unione europea ha già avviato, in molti suoi Stati membri, politiche per ridurre del 40 percento le emissioni rispetto ai tassi del 1990; gli Usa si sono impegnati a ridimensionarle di circa il 25 percento rispetto a quanto fatto registrare nel 2005; la Cina ha promesso che, sempre entro il 2030, dette e proprie emissioni toccheranno il loro apice per poi diminuire drasticamente.

Il problema del surriscaldamento globale. Ciò detto, il lavoro da svolgere sembra essere comunque parecchio: la temperatura del pianeta, fanno sapere gli esperti, non smette di aumentare, anche se a passo meno spedito che nel trentennio 1968-1998. Dunque occorre fare di più, dal momento che questo 2015 dovrebbe risultare l'anno più caldo mai registrato nella storia. Gli esperti sostengono che se la temperatura media della Terra si dovesse assestare a 2 gradi in più dell'era preindustriale, gli effetti sarebbero irreversibili. Le misure prese durante le Conferenze degli scorsi anni appaiono ormai come insufficienti, poiché porterebbero ad un aumento di addirittura 2,7 gradi, ben oltre la dead line fissata dai climatologi.

 

Gli ostacoli. Certo, non sarà per nulla semplice arrivare a programmare un piano del tutto condiviso ed effettivamente adeguato, per due ordini di ragioni: in primo luogo, ogni Paese ha i propri interessi, che molto spesso cozzano con le esigenze relative al salvataggio dell'ambiente. In secondo luogo, è molto difficile prevedere come effettivamente il clima deciderà di comportarsi nei prossimi anni, ancor di più sul lungo periodo: chi può dire che una misura presa oggi possa considerarsi efficace rispetto a quanto potrebbe accadere nei prossimi cinque anni? Sono questioni con le quali occorre fare i conti, e che lasciano un'inevitabile aleatorietà circa i risultati che qualsiasi tipo di misura preventiva possa portare.

Rispetto la primo punto, inoltre, concorre in maniera importante la disparità fra Paesi più e meno ricchi: da un lato, infatti, ci sono Stati che, per capacità economiche e prerogative culturali, hanno la possibilità di intervenire sulla propria economia in senso ambientalista, mentre dall'altro lato ci sono Paesi che necessitano di ingenti prestiti (si parla di miliardi e miliardi di euro) per poter adeguare il proprio settore industriale alle direttive che emergeranno dalla Conferenza parigina. Sono disposti, alla prova dei fatti, i primi ad intervenire economicamente in favore dei secondi? Domande a cui per il momento è impossibile dare risposta.

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Petro Porochenko e Francois Hollande. (Ian Langsdon/Pool via AP)

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David Cameron, il Principe Carlo del Regno Unito, il Principe Alberto di Monaco e Angela Merkel. (Ian Langsdon, Pool via AP)

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Segolene Royal e Dilma Rousseff. (Guillaume Horcajuelo/Pool via AP)

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Janet Napolitano e Bill Gates. (AP Photo/Christophe Ena, Pool)

Le voci discordi degli esperti. Di fronte al pressante allarmismo, una domanda sorge spontanea: ma è proprio vero che il clima del mondo sta andando incontro ad un punto (patologico) di non ritorno? Perché se c'è chi è più che certo che sì, o si svolta o è la fine, c'è anche chi, e sono voci di pari credibilità, sostiene che il clima, fin dall'inizio del mondo, ha sempre avuto i suoi cicli e i suoi cambiamenti, in maniera sempre del tutto indipendente dall'agire dell'uomo. Per esempio nel Medioevo, spiegano, faceva più caldo che oggi, con le temperature che teoricamente avrebbero scollinato di gran lunga i limiti oggi posti come terribili Colonne d'Ercole che separano sopravvivenza e distruzione; eppure, dopo 600 anni, siamo ancora vivi e vegeti. Proprio in questi giorni, il New York Times ha scritto che pensare di poter modificare il clima solamente regolando le emissioni della famigerata CO2 sia una cosa semplicemente ridicola. L'opinione pubblica e il mondo scientifico, dunque, sono fortemente divisi rispetto a quanto di vero ci sia in questi proclami apocalittici, e quanto invece sia solo allarmismo programmato per portare avanti secondi e insondabili interessi. A chi dar retta?

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