Una svolta ventennale

Cosa dice la Lega non solo Nord

Cosa dice la Lega non solo Nord
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Inaspettata storicamente, ma in realtà attesa in seguito alle vicende politiche degli ultimi mesi: l’apertura della Lega Nord di Matteo Salvini al Sud, con la presentazione della lista “Noi con Salvini”, rappresenta quasi una bestemmia per i tradizionali contenuti del messaggio politico del Carroccio, ma significa anche che “l’altro Matteo”, quando parlava di volersi prendere la leadership del centrodestra e divenire la vera alternativa a Renzi, diceva sul serio. Una scelta, dunque, che scuote con decisione gli equilibri politici, anche i più vetusti e consolidati, e che reca in seno aspetti molto significativi.

La Lega non solo Nord. Ma come è possibile che il partito della Val Padana, del Nord lavoratore in opposizione al Sud sprecone, di Roma ladrona e di Napoli colerosa, del federalismo fiscale e della secessione, arrivi ora ad una svolta di respiro meridionale e di totalità nazionale? La risposta è la più semplice immaginabile: la Lega, per come tutti l’hanno conosciuta da vent’anni a questa parte, non esiste più. L’autonomia ora non è più rivendicata dal Nord nei confronti del Mezzogiorno e dei palazzi romani, ma dall’Italia tutta nei confronti dell’Europa e delle sale di Bruxelles; l’immigrazione clandestina non rappresenta più un danneggiamento nei confronti del solo Settentrione, ma un problema che coinvolge anzitutto le Regioni italiane più esposte sul Mediterraneo, ovvero quelle del Sud; l’economia non è più in stallo perché si lavora solo al di sopra del Po, ma perché sono tutti, da Trento a Catania, stritolati dalla morsa opprimente della moneta unica europea. La secessione? Roba vecchia. Il federalismo fiscale? Sì, ma con un occhio alla salvaguardia degli enti territoriali di tutto il Paese.

È una scelta da un lato sicuramente saggia, vista la non più attualità di quei temi che infiammavano il cuore dei padani negli anni Novanta, ma che da diverso tempo a questa parte (e i dati elettorali lo dimostrano) avevano perso ogni appeal. E questo è un merito che a Salvini va sicuramente riconosciuto: aver trovato nuove battaglie politiche da combattere, innovando il pensiero della Lega in senso evolutivo, senza eccessivi scossoni di pensiero, dando la priorità alla lotta all’euro e al contrasto all’immigrazione. In secondo luogo, Salvini si è rivelato anche un sapiente lettore delle circostanze, avendo colto come, da qualche anno a questa parte, il Sud (politicamente parlando) sia diventato imprevedibile e altalenante come non mai: nemmeno due anni fa, Beppe Grillo e i suoi erano il primo partito in Calabria, oggi, secondo i numeri delle regionali, si attestano a nemmeno il 5 percento; Forza Italia e in generale il mondo del centrodestra, che da diverso tempo aveva fatto del Sud un sicuro bacino di voti, si è trovata, nello sbigottimento generale, ad avere meno della metà del consenso che aveva anche solo un anno fa; il Pd, con altrettanta meraviglia, si è trovato ad essere il primo partito in diverse Regioni e Comuni in cui fino ad inizio millennio non valeva quasi nemmeno la pena di candidarsi.

Il quadro elettorale del Meridione, dunque, è caotico e sensibile al primo vento che tiri un po’ più forte degli altri; e Salvini un’occasione del genere non ha minimamente l’intenzione di non provare a sfruttarla. Presentandosi come il principale alfiere che possa difendere il Mezzogiorno dai tanti problemi da cui è afflitto (immigrazione e disoccupazione su tutti), il leader del Carroccio cerca di ingraziarsi i cittadini del Sud facendo sparire dal dizionario leghista tante parole che fino a qualche tempo fa erano diktat, mentre oggi invece fa quasi vergogna accennarne. Se questa strategia porterà i suoi frutti, se davvero Salvini riuscirà a far breccia nel cuore dei meridionali, allora sì che potrà lanciare la sua campagna alla conquista della leadership del centrodestra, in quanto sostenuto non più da un solo pezzo d’Italia ma da supporter di tutto il Paese; cosa che, oltre che numerica, gli darebbe anche un legittimazione politica ben più salda per guidare la sua parte politica nella battaglia a Renzi. E da un punto di vista delle alleanze, Salvini è stato chiaro: niente pregiudicati, niente riciclati che vogliono salire su un carrozzone vincente, e, soprattutto, niente Alfano.

Dieci, cento, mille incognite. Il piano sembra perfetto, ma, bisogna dirlo, viaggia davvero sul filo del rasoio: al minimo impervio non immaginato, si ruzzola malamente giù. In primo luogo, è tutt’altro che scontato che davvero “Noi con Salvini” possa trovare, nel breve o lungo periodo, terreno fertile al Sud: la Lega, per quanto in mutazione genetica, è sempre la Lega, e non ci sarebbe da stupirsi se la campagna alla conquista del Meridione finisse in un nulla di fatto. Ma con che faccia il buon Salvini tornerebbe nei sicuri fortini del Nord? Come lo riaccoglierebbero i (tanti) perplessi rispetto a questa sua storica apertura d’oltre Po? L’impressione è che non ci siano troppe alternative: o il Sud accoglie positivamente Salvini, o il leader verde (anzi, giallo e blu oramai) può considerarsi politicamente finito.

In secondo luogo, tutto questo enorme castello dalle fondamenta ancora molto fragili, è stato eretto sulla base, soprattutto, del travolgente successo della Lega alle ultime elezioni regionali. Un successo che, come già dimostrato, è eclatante da un punto di vista percentuale, molto meno invece da quello numerico, degli effettivi elettori; chissà che Salvini non stia partendo convinto di possedere cannoni, per poi scoprire di avere solo qualche baionetta.

Infine, siamo di fronte all’ennesimo tentativo leaderistico di organizzazione politica: Salvini è senz’altro carismatico, giovane e sicuro di sé, tutti elementi che ne fanno un capo autoritario e seguito; ma, la storia recente lo insegna, costruire un partito basato tutto su un'unica persona (“Noi con Salvini”…) piuttosto che su un progetto politico chiaro, rischia di portare solo a risultati disastrosi: l’hanno insegnato Forza Italia e Berlusconi così come il M5S e Grillo, per non retrocedere ulteriormente fino ai vari partituncoli di Mastella, Di Pietro ecc. L’entusiasmo, quindi, c’è, così come le possibilità di successo; ma la strada sarà lunga, tortuosa e piena di insidie: questo Salvini deve comprenderlo al più presto.

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