Dieci anni di carcere per un padre che abusò della figlia: le testimonianze e le chat
I fatti risalgono a un periodo tra il 2012 e il 2018, ma la denuncia è partita nel 2023, quando la ragazza decise di confidarsi con un'amica

Dieci anni di carcere, responsabilità genitoriale decaduta, interdizione da qualsiasi incarico in scuole o strutture frequentate da minori. È questa la pena stabilita nella sentenza di primo grado di ieri, 19 febbraio, per un uomo di 59 anni residente in un paese dell'Isola, accusato di aver abusato della figlia fra il 2012 e il 2018, da quando lei aveva quasi 6 anni fino ai 12 anni.
La confidenza
Tutto è iniziato nel 2023, quando la ragazza decise di confidarsi con un'amica e poi con la madre, separata dal marito. La giovane, come riportato dal Corriere Bergamo, ha parlato di abusi in auto quando la madre guidava ed erano seduti sui sedili posteriori, oppure a casa quando erano soli, pur senza che queste molestie sfociassero mai in un rapporto sessuale.
La situazione familiare
La sua testimonianza agli occhi della Corte (presidente Patrizia Ingrascì, a latere Roberto Palermo) ha retto e da qui la condanna dell'uomo per il quale il pm Guido Schininà aveva chiesto una pena superiore, fino ai 14 anni, considerando il contesto familiare complesso. La ragazza stessa non avrebbe infatti denunciato il padre a cuor leggero, calcolato anche il suo rapporto difficile con la madre e quello invece qudi «sentimentale» con il padre.
La prova delle chat
Alle testimonianze si aggiungono anche delle prove documentali, ovvero degli screenshot risalenti al 2022 di conversazioni tra la ragazza e il padre. Su questi insiste anche l'avvocato di parte civile Roberto Giannì (si sono costituite madre e figlia), che li ritiene «atti confessori» dell'imputato, per quanto non ci sia in essi una confessione diretta.
L'uomo, dalla sua, dice di non averli scritti lui, tuttavia, l'esito della perizia informatica condotta sul telefonino della ragazza glieli attribuisce. Unica possibilità è che la figlia gli avesse sottratto il telefonino e avesse scritto lei sia tali messaggi, sia le risposte. Tra i messaggi esaminati anche uno nel quale l'uomo scrive: «Se tornassi indietro, piuttosto che fare quelle cose mi toglierei la vita».
Il punto della difesa
L'avvocato Stefano Pelizzari, che difende il 59enne, fa notare anche che la ragazza non aveva mai parlato di queste chat, comparse in un secondo momento, a dibattimento in corso, e che queste stesse chat non si ritrovino sul cellulare dell'imputato.
Altri elementi di dubbio, evidenziati dalla collega Alessandra Carsana, rguarda la scelta della ragazza di restare con il padre anche dopo la denuncia e che la madre non si sia mai accorta delle molestie mentre erano tutti insieme in auto; che nessuno specialista abbia mai rilevato segni di malessere post-traumatico, comportamenti psicopatologici o erotizzati.
La parte civile
La sentenza di primo grado alla fine è stata tracciata, con i dieci anni dati all'imputato, che per parte civile dovrà riconoscere una provvisionale immediatamente esecutiva di cinquantamila euro alla figlia e di cinque mila euro all'ex moglie.