La crisi dei locali

Druso, Ink, Edoné: la battaglia della musica dal vivo. Nella speranza di non spegnersi

Alcuni sono stati costretti a lanciare campagne di crowfunding per sopravvivere. La solidarietà fra diversi gestori

Druso, Ink, Edoné: la battaglia della musica dal vivo. Nella speranza di non spegnersi
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di Matteo Rizzi

C’è un settore che ancora più degli altri è stato colpito dall'emergenza Covid: quello dei locali di musica dal vivo. Nonostante qualche esperimento nel corso dell’estate, una ripartenza vera e propria non è ancora in calendario, e molti locali si ritrovano con l'acqua alla gola, costretti a reinventarsi e in alcuni casi impossibilitati a farlo per questioni burocratiche. A pochi chilometri da noi, nel Milanese, è una vera e propria strage di locali: al momento sono sei quelli che hanno dovuto chiudere.

Qua da noi c’è chi, per ora, sembra in grado di attutire il colpo, ma c’è anche chi da un po' è stato costretto a chiedere aiuto tramite campagne di crowdfunding. È il caso del Druso: locale storico che ha ospitato un'infinità di nomi internazionali e nazionali, grandi ed emergenti per un totale di oltre duemila concerti, con una media di centocinquanta all’anno: «Noi facciamo parte della categoria dei teatri e delle sale concerto: non abbiamo nemmeno la possibilità di riorganizzare il locale ad altri fini e saremo gli ultimi a ripartire - ha spiegato David, titolare del locale - e per questo siamo stati costretti a rivolgerci al nostro pubblico che ci sostiene da tredici anni. La raccolta fondi sta andando molto bene perché c’è stato un grosso scambio di emozioni e solidarietà: abbiamo iniziato il 21 giugno e continueremo fino al 21 settembre. A ogni donazione corrisponde un "premio", che noi consegniamo porta a porta. Rischiamo di chiudere? Certo, se non raggiungiamo la cifra necessaria siamo a rischio chiusura. Il problema è che non riusciamo a capire quando potremo riaprire, e tenere aperto senza prospettive significa accettare il rischio di accumulare debiti che non sappiamo quando e se riusciremo a pagare. Vale per tutti. Siamo stati costretti a chiedere aiuto: il nostro locale anche se fermo ci costa cinquemila euro al mese, in che altri modi potremmo sperare di reperire 35 mila euro?».

Anche l'Ink, locale interno al circolo Arci di via Carducci, ha avviato una raccolta fondi: «L’inaugurazione dell’estivo era andata bene - spiega il gestore Dimitri - ma con l’apertura degli altri estivi una proposta come la nostra fa fatica. La raccolta fondi procede, stiamo facendo di tutto per reinventarci e stiamo collaborando con Edoné: una cosa bellissima perché potremmo tranquillamente farci concorrenza e invece abbiamo tanti progetti congiunti, come “Bergamo Diffonde” durante la quarantena e diversi altri eventi. Certo, rischiamo di chiudere anche noi. Per ora navighiamo a vista. Se ci dovesse essere un nuovo lockdown, di sicuro sarebbe finita e finché non torneremo a fare attività normale saremo a rischio. Noi comunque ci mettiamo anima e corpo (...).

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