Il Duca tradito da Piazza Pontida (nessuno difende le tradizioni)

Un bergamasco di vecchia data, ironia della sorte, potrebbe dire: «L’è pròpe ü laùr de mèt söl Giopì». Lo storico giornale del Ducato di Piazza Pontida, oggi ottocento abbonati, è «osservatore ironico della realtà bergamasca». E oggi questa realtà, e in particolar modo quella del Ducato, vive una situazione paradossale. Quando lo scorso anno il Duca Mario Morotti, “Smiciatöt”, e il direttore di Oriocenter, Ruggero Pizzagalli, hanno avviato la collaborazione tra il sodalizio e il centro commerciale, molti bergamaschi hanno gridato al tradimento: inconcepibile che una tradizione così strettamente legata ai borghi cittadini, come la Mezza Quaresima, potesse essere trasferita a Oriocenter.
Le imprese del Ducato. L’amarezza del Duca, che incontriamo nella sede di Piazza Pontida, è ben celata da un assoluto contegno e la serena dignità di chi sa di essere ambasciatore di una missione che continua da quasi cento anni. Il Ducato nacque ad opera di un manipolo di buontemponi bergamaschi, compresi i collaboratori del giornale Il Giopì, la notte di San Silvestro del 1923: il gruppo di amici, stanco dei continui rinvii, andò a inaugurare per fatti suoi la nuova torre dei Caduti, con tanto di musicanti. Una goliardata. Un sodalizio che si è preso il compito di conservare le tradizioni bergamasche (con difficoltà sempre maggiori). La poesia vernacolare, le sfilate folcloristiche come quella della Mezza Quaresima, la lirica in Piazza Vecchia (antica passione dei bergamaschi) e la costante promozione delle opere di artisti locali grazie al giornale del Ducato e alla sua “quadreria”. Da trentasei anni a questa parte, all’elenco delle attività si è aggiunta anche l’organizzazione prima, il quasi totale finanziamento poi, del Festival del Folklore. La cui edizione più recente è terminata da pochi giorni. Oriocenter è stato protagonista: ha ospitato le tappe del tour itinerante dei gruppi tradizionali – colombiani, thailandesi, boliviani e armeni – invitati dal Ducato.




Buongiorno Smiciatöt, ci racconta la storia del Festival del Folklore?
«Il festival è nato nel 1983 su iniziativa del Comune, allora guidato da Giorgio Zaccarelli. Volevano dare a Bergamo un’occasione di incontro tra il folclore orobico e quello di altri popoli. Il Ducato si è preso in carico, con entusiasmo, l’organizzazione del Festival. All'inizio il Comune copriva tutti i costi. Ci diceva proprio: “Fate e mandate il conto”».
Adesso non è più così?
«No, negli anni Ottanta era tutto molto diverso. Innanzitutto l’amministrazione comunale poteva permettersi di finanziare queste iniziative. Poi forse c’era più interesse da parte del “popolo”. In ogni caso, di crisi economica in crisi economica, con il mondo che è profondamente cambiato, i contributi del Comune al Festival hanno continuato a diminuire».
E oggi?
«Oggi prendiamo un unico contributo annuale per tutte le nostre attività che ammonta a ventimila euro: è così dal 2007. Copre solo una piccola percentuale delle spese che sosteniamo. Ma non possiamo lamentarci, nel senso che ci rendiamo conto che la realtà si è modificata e che, in ogni caso, siamo sul “podio” delle associazioni che ricevono più contributi. Prima, tra l’altro, potevamo contare su un aiuto della Provincia, a cui abbiamo dovuto rinunciare da quando Valerio Bettoni non è più presidente, e quindi dal 2009».
Eppure le vostre iniziative sopravvivono.
«Riceviamo un contributo dalla Camera di Commercio di cinquemila euro all’anno per il Festival del Folklore. Per il resto abbiamo bussato alle porte di tanti enti pubblici e associazioni, facendo proposte di collaborazione. Ma al momento senza successo. Finanziamo le attività grazie alle quote associative, che rappresentano il venti per cento del nostro bilancio. Il resto sono...»