È in arrivo il nuovo catasto Per qualcuno sarà una stangata

Dopo una lunghissima serie di rinvii, pare proprio che il Governo sia pronto, tra lunedì 22 e martedì 23 giugno, a dare il via libera al decreto legislativo destinato a rivoluzionare il catasto e, di conseguenza, alla tassazione sulle case. Ad annunciarlo è La Stampa, che in un articolo approfondisce anche quali saranno le principali novità riguardanti il Nuovo Catasto. Prima di soffermarci sulle novità, facciamo però un po’ di chiarezza.
Cos’è il catasto? Il catasto è l’inventario di tutti i beni immobili, siano essi terreni o fabbricati, esistenti sul territorio dello Stato e appartenenti a soggetti privati o pubblici. Tra i beni registrati in questo enorme archivio, sono comprese anche le superfici occupate da strade e acque. In passato era costituito da cartine, mappe e documenti cartacei che permettevano di classificare tutte le proprietà presenti sul territorio italiano, con tanto anche della cronistoria dei cambiamenti che avevano riguardato le suddette. Oggi il catasto è invece in formato digitale e tutte le informazioni sono state inserite in un sistema informatico che permette di “dialogare” anche con altre banche dati dello Stato. In Italia il catasto è articolato in due diversi archivi, uno dei terreni e uno dell’edilizia urbana. Per quanto riguarda gli immobili urbani, il censimento, cioè l’operazione di registrazione, è stato eseguito per unità immobiliare, ossia per ogni parte di immobile autonomamente utilizzabile e atta a produrre un reddito proprio. Per ogni unità immobiliare sono riportati diversi elementi identificativi: dal Comune alla categoria, dalla classe di redditività ai soggetti titolari di diritti reali sull’immobile o comunque possessori.
Come funziona? Il catasto assolve principalmente a funzioni fiscali, poiché è proprio sui dati presenti nel catasto che si calcolano le principali “locat tax”, meglio conosciute come Imu e Tasi. Ma il catasto è di notevole utilità anche per fini civilistici, quali il supporto al servizio di pubblicità immobiliare, le progettazioni o le analisi urbanistiche, ma anche per il governo del territorio e per l’attuazione delle politiche economiche fiscali e la tutela ambientale.
Le categorie catastali. L’elemento più importante del catasto sono, senza ombra di dubbio, le categorie catastali, ovvero classificazioni necessarie ai fini delle specificazioni utili a conoscere la destinazione e la rendita di un determinato immobile. Create nel 1939, vengono assegnate tenendo conto di diversi fattori, dalla grandezza dell'immobile al numero dei locali presenti, fino ai materiali utilizzati per costruire l’immobile. Le categorie si suddividono in 5 gruppi, ognuno identificato da una lettera (dalla A alla E), a loro volta suddivisi in classi numeriche. La categoria che riguarda la maggior parte della popolazione è la A, che identifica le unità immobiliari per uso abitativo. Le classi numeriche vanno dall’A/1, che identifica le abitazioni di tipo signorile, fino all’A/11, che identifica le abitazioni tipiche dei luoghi.
La riforma. La riforma che sta per coinvolgere il catasto andrà a riguardare in particolare proprio le categorie catastali. Dovremo infatti dire addio alle care vecchie A/1, A/2, A/3 e compagnia: gli immobili ad uso abitativo degli italiani rientreranno tutti i un’unica nuova categoria, indicata dalla lettera O (che sta per “ordinarie”). Questa nuova categoria, anziché tener conto dei vani, terrà conto dei metri quadri e delle altre caratteristiche che vanno a determinare il valore commerciale della casa, ovvero la presenza o meno dell’ascensore, il piano, la presenza dei balconi. Verranno cancellate anche la categorie riguardanti gli immobili pubblici e quelli destinati ad uso commerciale, che rientreranno nella nuova macrocategoria S (che sta per “speciali”).
Una volta che il Governo darà il via libera al decreto legislativo, l’Agenzia delle Entrate avrà il certosino compito di esaminare, uno per uno, tutti i 60 milioni di immobili presenti in Italia, assegnando a ciascuno di essi un valore che sia molto più vicino al loro valore di mercato. Questi nuovi valori dovrebbero entrare in vigore entro il dicembre 2019.
Pagheremo di più? Il 13 giugno, Luigi Casero, vice ministro dell'Economia, aveva anticipato alcuni dei contenuti del Nuovo Catasto, affermando che «il sistema sarà rivisitato tenendo fermo il concetto dell'invarianza di gettito che dovrà essere valutata su base locale e non nazionale». Ciò significa che nelle casse dello Stato, nonostante la riforma, entrerà lo stesso ammontare di soldi di oggi. E se il primo pensiero potrebbe dunque portarci a dire che, dunque, la riforma non prevederà aumenti di tasse, in realtà le cose non stanno proprio così. Come spiega La Stampa, la verità è che se qualcuno pagherà meno, altri sono invece a rischio salasso. A fare i conti sono stati i geometri fiscalisti dell’Agefis: mentre i proprietari di molte abitazioni di periferia o di nuova costruzione, classificate oggi come di tipo economico (A/3) o civile (A/2), pagheranno di meno (perché hanno una metratura modesta ma spesso sono divise in molti vani), discorso inverso è per chi possiede case nei pregiati centri storici, ma classificate come popolari o ultrapopolari, o dei proprietari di rustici trasformati in ville. La Uil Servizio politiche territoriali stima che i 4,6 milioni di immobili classificati nelle più modeste categorie A/4 (popolari) e A/5 (ultrapopolari) potrebbero vedere quadruplicate le proprie rendite catastali. Per gli altri immobili il valore medio sarebbe di 168mila euro, il doppio di quello attuale.
In realtà tutto ciò non significa che raddoppieranno anche Imu e Tasi, le cosiddette “local tax”. Ad esempio, per quanto riguarda la Tasi, se le aliquote restassero al 2 per mille, con i nuovi valori l’aumento potrebbe essere limitato a un centinaio di euro. Di fatto, però, saranno i sindaci a decidere come rimodulare le aliquote in questione. Le uniche previsioni che si possono fare sono quelle basate sui calcoli allegati al decreto: si calcolerà il valore a metro quadro sulla base delle rilevazioni periodiche dell’Osservatorio del mercato immobiliare; in assenza si terrà conto dei valori delle compravendite degli ultimi 3-4 anni o dei prezzi d’offerta delle principali agenzie immobiliari. A questo valore si applicheranno algoritmi che devono tener conto di fattori quali vista, piano, ascensore, balconi, doppi servizi e quant’altro determini il maggior valore dell’immobile. Sul dato finale si applicherà infine una riduzione del 30 percento. Così si otterrà il nuovo valore catastale.
Le città in cui costerà di più. La Stampa, attraverso i dati Agefis, ha anche reso note le stime dei nuovi valori catastali in alcune delle principali città italiane, o meglio, in quelle dove si preannunciano i maggiori aumenti per gli immobili civili (A/2): domina Milano, con un + 310 percento sia in periferia che in centro, seguita da Napoli (+ 223 percento anche qui in entrambe le aree) e Roma (+ 222 percento in zona semicentrale, + 163 percento altrove). L’aumento più contenuto dovrebbe essere invece a Torino, con un + 51 percento in centro e periferia e un più 24 percento nelle zone semicentrali. Per le abitazioni economiche, gli aumenti più importanti sarebbero nuovamente a Milano (+ 379 percento, in centro), a Venezia (+ 329 percento) e a Napoli (+ 246 percento).
E Bergamo? Dati ufficiali sulla nostra città ancora non sono stati resi noti. Secondo le stime de Il Sole 24 Ore di qualche tempo fa, quando si era iniziato a parlare dei diversi punti della riforma in questione, era stato calcolato che Bergamo, nella classifica che capoluoghi di Provincia più a rischio aumenti, si piazzava al 70esimo posto su 103, con un prezzo di mercato medio degli immobili vicino al doppio del valore catastale. Come riportava a febbraio L’Eco di Bergamo, nella Provincia di Bergamo la riforma del catasto dovrebbe interessare circa 566.370 alloggi, di cui 57.528 in città, almeno stando ai dati Istat del 2011.