È morto Pepi Merisio, fotografo che ha reso grande Bergamo nel mondo
Nato a Caravaggio nel 1931, è deceduto all'età di 90 anni. Il suo archivio fotografico rappresenta un patrimonio dal valore inestimabile: 252 mila diapositive, 165 mila negativi su pellicola e 154 mila stampe che documentano Bergamo, la sua provincia e il paesaggio italiano lungo tutto il Novecento
È stato il più importante dei fotografi bergamaschi, amato e ben voluto in tutta Italia e anche all’estero. Pepi Merisio è deceduto all’età di 90 anni, dopo essere stato in grado di raccontare con i suoi scatti il Novecento e Bergamo, anche i suoi angoli più nascosti, con una familiarità e un’immediatezza uniche. I bergamaschi avevano potuto ammirare le sue istantanee non meno di due annui fa, nel 2019, nella retrospettiva “Guardami”, mostra allestita all’interno del museo della Fotografia Sestini, al Convento di San Francesco, con una selezione curata da lui stesso curata con il supporto del figlio Luca.
Pepi Merisio a dicembre era stato riconosciuto come benemerito da Palazzo Frizzoni. Con i suoi scatti, era riuscito a raccontare non soltanto la provincia bergamasca, ma anche tutto il territorio nazionale, con i suoi borghi, i suoi paesaggi caratteristici e, soprattutto, i suoi abitanti. Le sue fotografie sono anche state utilizzate per campagne pubblicitarie di famosi produttori di fotocamere professionali, quali Leica ed Hasselblad.
Proprio il primo cittadino di Bergamo, Giorgio Gori, ha voluto ricordarlo con queste parole:
«Con la scomparsa di Pepi Merisio, Bergamo perde un artista di statura internazionale, innamorato del suo territorio e dei bergamaschi. Le sue fotografie hanno raccontato il nostro paesaggio, la vita delle comunità rurali e i cambiamenti che le hanno attraversate nel corso del Novecento. Proprio recentemente Bergamo ha voluto onorare il grande fotografo: con la mostra “Guardami”, allestita nel 2019 negli spazi del Museo della Fotografia Sestini al Chiostro di San Francesco, a cura della Fondazione Bergamo nella Storia, e con la benemerenza civica che avevamo deciso di attribuirgli sul finire dello scorso anno, e che purtroppo non ho avuto la possibilità di consegnargli a causa delle limitazioni anti-Covid. Le sue istantanee, custodite proprio nell’archivio del Museo della Fotografia, rappresentano un pezzo della nostra storia e della nostra vita».
Il lavoro di Pepi Merisio costituisce un archivio fotografico dal valore inestimabile, che lo scorso anno era stato donato dal fotografo al Museo delle Storie di Bergamo: 252 mila diapositive, 165 mila negativi su pellicola e 154 mila stampe che documentano Bergamo, la sua provincia e il paesaggio italiano lungo tutto il Novecento.
Nonostante la grande notorietà raggiunta, Pepi Merisio ha però sempre conservato, anche professionalmente, una grande modestia. Nato a Caravaggio nel 1931, si avvicina alla fotografia come autodidatta all’età di 16 anni. Nel 1956 collabora con il Touring Club Italiano e con numerose riviste, prima di approdare nel 1962 al mondo del professionismo e, dall’anno seguente, nello staff di Epoca.
Tra gli altri prestigiosi riconoscimenti alla carriera vanno poi ricordati quelli ricevuti dalla Fiaf, che nel 1988 lo ha nominato Maestro della Fotografa Italiana, e dal Ministero degli Affari Esteri che nel 2008 ha incaricato Pepi Merisio di allestire la mostra fotografica “Piazze d’Italia” da esporre nelle principali capitali europee. Nel 2011 Pepi Merisio era stato anche invitato alla 54° Biennale di Venezia.